Bruxelles, le stragi dell’Isis
Il terrorismo islamista torna a colpire l’Europa e lo fa in una delle capitali teoricamente più blindate, Bruxelles. Sui quotidiani italiani compaiono sia ricostruzioni sia analisi in merito alla doppia strage terroristica di ieri nella capitale belga. Il bilancio dei due attacchi rivendicati dai jihadisti dell’Isis parla di 31 morti e oltre 230 feriti: il primo, alle 8 del mattino all’aeroporto di Zaventem dove, secondo le autorità, due uomini si sono fatti esplodere e la polizia è in cerca di un terzo complice (è caccia all’uomo, scrive Repubblica), ritratto dalle telecamere di sicurezza dell’aeroporto mentre è al fianco dei kamikaze; il secondo, verso le 9 del mattino con un’esplosione che ha investito un convoglio della metropolitana alla stazione di Maelbeck, nella zona dove si trovano le istituzioni europee (Il Sole 24 Ore). Leonardo Cohen sul Fatto Quotidiano scrive che “gli attentatori facevano probabilmente parte del gruppo che compì le stragi in Francia ed erano braccati da giorni” mentre Guido Olimpo sul Corriere della Sera ricostruisce la rete jihadista che ha coordinato gli attacchi in Europa e la genesi di questi ultimi, avviata con l’attentato al Museo ebraico di Bruxelles nel 2014. “La strage al museo ebraico è stata condotta da uno solo, poi tentativi sempre affidati al lupo solitario o a pochi, – scrive Olimpo – infine la grande offensiva coordinata in grado di superare lo scudo anche quando c’era l’allarme”.
Le vittime delle stragi di Bruxelles. Cominciano ad emergere le testimonianze dei sopravvissuti e le storie delle vittime degli attentati in Belgio. Il Corriere racconta di come un uomo si sia salvato perché costretto a correr dietro alle figlie che si erano allontanate. Sua moglie, Adelma Marina Tapie Ruiz, rimasta nella zona check-in è stata investita e uccisa dall’esplosione. “Assieme a lei – scrive il Corriere – il primo corpo a ritrovare la sua identità è quello di un israeliano, Yossef Haim ben Haya Sarah Gittel, che, con un gruppo di ebrei Hassidim, avrebbe dovuto prendere lo stesso velo”.
Le reazioni. “Ci aspettavamo un attentato ed è accaduto”, le prime dichiarazioni del Premier belga Charles Michel, che, mentre montano le polemiche sulla gestione della sicurezza da parte delle autorità del paese, ha parlato di “giorno più buio per il Belgio”. “Siamo in guerra”, ha dichiarato il suo collega francese Manuel Valls mentre per il presidente Usa Barack Obama è necessario rimanere uniti nella guerra al terrore (Corriere). “Gli attentati in Belgio sono una terza guerra mondiale contro i nostri valori comuni” le parole del ministro della difesa israeliano Moshe Yaalon riprese dall’Unità, che evidenza anche la reazione del presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna:“C’è chi vorrebbe distruggere i nostri valori fondamentali che accomunano i popoli liberi. Ma non glielo permetteremo”. Condanne all’attentato sono arrivate anche dal mondo islamico, dal Cairo ma anche dai musulmani italiani: su Avvenire spazio alle dichiarazioni di Izzedin Elzir, leader dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane, “che ieri sera è sceso in piazza a Firenze insieme ad altri musulmani e ai cittadini italiani per manifestare contro l’orrore” . Hanno fatto poi giro del mondo le immagini del rappresentante della politica estera Federica Mogherini, che non ha trattenuto le lacrime per le vittime mentre commentava le stragi di Bruxelles (Repubblica).
Le analisi, da Israele. “L’Europa deve rivedere la sua formula tra rispetto dei diritti umani, correttezza politica, garanzie per la privacy da una parte e la protezione della vita umana dall’altra. La sicurezza è un diritto che va garantito”, il commento dell’ex capo dell’intelligence militare israeliana Amos Yadlin. A dare spazio alle valutazioni di Yadlin, il Corriere della Sera che poi riporta le valutazioni dell’editorialista israeliano di Haaretz Carlo Strenger, che vorrebbe una sinistra più belligerante da una parte, e pone come esempio di risposta al terrorismo lo Stato ebraico: “Israele dimostra che a essere fondamentale non è tanto la risposta degli individui dopo un attacco quanto quella di tutta la società. Come reagiamo collettivamente definisce la battaglia e la possibile vittoria”. Daniel Mosseri su Libero intervista invece intervista l’esperto di antiterrorismo Boaz Ganor, secondo cui l’Europa deve “rivedere l’accordo di Schengen sulla libera circolazione delle persone, ripristinando migliori controlli fra gli Stati”.
I corsivi su Bruxelles. Diversi gli editoriali pubblicati all’indomani delle stragi. Tra questi, l’analisi di Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, che spiega come il terrorismo dell’Isis ha tre obbiettivi: esaltare i seguaci per moltiplicare le reclute in Europa e rafforzare le cellule terroriste all’interno della comunità musulmana; dimostrare alle altre organizzazioni terroristiche islamiche che è Isis la più potente e quindi sottometterle; “terrorizzare gli europei, governi e cittadini, per precipitarli in una sensazione di impotenza e debolezza”. Parla di nichilismo Aldo Cazzullo sul Corriere in riferimento ai jihadisti mentre per Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano nonostante le promesse i Paesi europei continuano a non coordinarsi – o non abbastanza – sul fronte dell’intelligence e del contrasto al terrorismo. “Un pugno in faccia a chi contesta ancora Oriana”, il titolo dell’editoriale di Vittorio Feltri sul Giornale che parla di “profezia della Fallaci” sulla pericolosità dell’integralismo islamico. Ma il Giornale con i titoli si spinge oltre e arriva ad aprire la sua prima pagina scrivendo a caratteri cubitali “Cacciamo l’Islam da casa nostra”. Diametralmente opposta seppur ferma la riflessione di Marek Halter su Repubblica, in cui chiede al mondo musulmano di “non lasciarci soli a difendere la democrazia”. Ancora sul Giornale invece, Fiamma Nirenstein ricorda come nelle fila del terrorismo islamico “Agli ebrei è dedicato un odio particolare, sottolineato a Bruxelles dall’attentato al Museo ebraico del 2014 e dalla scuola ebraica di Tolosa nel 2012; o il 7 gennaio 2015, quando l’azione contro Charlie Hebdo (12 morti) ha avuto cura di inscenare un ramo dell’attacco all’ Ypercasher. L’obiettivo centrale è la sottomissione del mondo degli infedeli, quello giudaico cristiano, disprezzato, antitetico allo scopo della indispensabile dominazione del mondo”.
Venezia, i 500 anni del Ghetto. “Accoglienza, integrazione, apertura sono l’unica strada possibile. Poi, certo, la società ha bisogno di essere protetta”. Così il presidente della Comunità ebraica di Venezia, Paolo Gnignati ha commentato le notizie arrivate da Bruxelles proprio mentre a Venezia si svolgeva la presentazione del calendario delle iniziative per i 500 anni del ghetto ebraico della città. Tante, come racconta il Corriere del Veneto, le iniziative per ricordare l’anniversario. “Si inizia il 29 marzo al Teatro La Fenice, con la Sinfonia n.i in Re Maggiore di Gustav Mahler, concerto diretto dall’israeliano Omer Meir Wellber. – riporta il Corriere – Già in quella occasione, autorità cittadine e personalità del mondo ebraico saranno tutte presenti. Per il Parlamento sarà presente con tutta probabilità la presidenza della Camera Laura Boldrini”.
Daniel Reichel
(23 marzo 2016)