Il settimanAle
Lupi e cani da pastore
“Un affare che macina centinaia di milioni di dollari, impiegando migliaia di persone che cinicamente imbrogliano ingenui aspiranti investitori sparsi per il mondo con una serie di raggiri. Sta causando danni terribili alle sue vittime, e rischia di fare lo stesso all’immagine d’Israele”. Questo il sottotitolo del duro articolo di Simona Weinglass su Times of Israel del 23 marzo, che racconta della truffa delle ‘binary options’. Un’attività nota a Tel Aviv anche come ‘forex’ e molto cresciuta negli ultimi anni, che sfrutta la credulità di persone spesso anziane o non sufficientemente smaliziate, le quali si lasciano convincere a ‘giuocare sul mercato’ sotto la guida degli ‘esperti brokers’ che li hanno raggiunti telefonicamente, ma loro non lo sanno, da Israele. Secondo l’articolo, i telefonisti sono frequentemente giovani immigrati, che possono così mettere la lingua madre a molto miglior frutto che non trovando lavoro come barista o muratore. Non pare che ci sia niente di veramente illegale, turlupinare i risparmiatori ingenui non è propriamente reato, lo fanno in misura minore o maggiore molte rispettabilissime banche. Però l’ISA, l’authority israeliana che controlla i mercati mobiliari, non ha ancora approvato nessuna delle richieste delle compagnie che hanno chiesto di poter operare con clienti israeliani. Imbrogliare a casa propria non sarebbe patriottico. Val la pena di leggere il lungo exposé della Weinglass, “I lupi di Tel Aviv”, di cui riproduco ancora solo l’angosciata domanda: “Cosa succederà quando migliaia di turchi, di russi, di spagnoli, di italiani e di francesi si renderanno conto di essere rimasti vittima di una truffa operata in Israele?”
Per non concludere con l’amaro in bocca si può leggere Haim Handwerker, che racconta su Ha’aretz del 26 marzo di Via, la nuova piccola compagnia di taxi messa su da un gruppo di israeliani a New York. Fra le concorrenti del più celebre servizio di Uber, Via si distingue per lo spirito che l’autore definisce kibbutzistico, con cui ripropone sostanzialmente un modello aggiornato del caro vecchio ‘sherut’ israeliano: passaggi condivisi, disponibilità ad essere lasciati non necessariamente a destinazione ma fino a due isolati di distanza, costo davvero minimo: 5 dollari a tratta. Sperabile che l’immagine dei taxi Via, che guidano il traffico di Manhattan come cani da pastore, si appiccichi a Israele più di quella triste dei ‘lupi di Tel Aviv’.
Alessandro Treves, neuroscienziato
(27 marzo 2016)