La blacklist dell’Onu

-Si tratta di una “blacklist”, ha immediatamente commentato l’ambasciatore israeliano presso il Palazzo di vetro, Danny Danon, convinto che il Consiglio dei diritti umani sia “ossessionato” da Israele. La redazione della lista di proscrizione – che si traduce in un invito al boicottaggio delle aziende che fanno business al di là della Linea verde – non è stata, peraltro, l’unica misura varata dal Consiglio delle Nazioni Unite con sede a Ginevra: essa, infatti, è stata inserita all’interno di un pacchetto composto da quattro risoluzioni, tutte dirette a censurare il comportamento del governo di Gerusalemme nei territori ritenuti “occupati” (incluse le alture del Golan), il tutto mentre ancora risuonava nelle orecchie il frastuono delle bombe di Bruxelles. L’Autorità nazionale palestinese ha accolto invece con favore la decisione dell’organizzazione internazionale. Uno scenario talmente paradossale da indurre il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, a definire quello dell’Unhrc “un circo anti-Israele”, aggiungendo che il Consiglio “attacca l’unica democrazia nel medio oriente, e ignora invece le gravi violazioni compiute da paesi come Iran, Siria e Corea del nord”. Per il premier israeliano è del tutto “assurdo” che l’organismo Onu preposto alla tutela dei diritti umani abbia deciso di condannare Israele piuttosto che occuparsi dei recenti attentati avvenuti nella capitale belga. “Invitiamo tutti i governi responsabili a non onorare le decisioni del Consiglio delle Nazioni Unite che discriminano Israele”, è l’appello lanciato da Netanyahu che ora spera, con scarsa fiducia, di trovare altri interlocutori solidali nel mondo libero. Roma. Le ferite causate dagli attacchi terroristici di Bruxelles sono ancora aperte. La comunità internazionale piange, mascherando il proprio immobilismo con la cautela, e fingendo di interrogarsi sulle azioni da intraprendere per affrontare un problema – il terrorismo islamista – che non si ha neanche il coraggio di nominare. Solo un bersaglio è certo, da sempre: Israele. E così, dopo l’etichettatura delle merci israeliane decretata dalla Commissione europea nel novembre scorso (mentre nelle strade di Tel Aviv e Gerusalemme già imperversava l’Intifada dei coltelli palestinese), il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc) ha deciso giovedì scorso di istituire un database contenente i nomi delle aziende che operano negli insediamenti israeliani di West Bank e Gerusalemme est, in modo che chiunque (investitori e consumatori) voglia penalizzare queste compagnie possa farlo agevolmente, gettando un occhio alla lista. La risoluzione è stata approvata dal Consiglio con 32 “sì”, nessun voto contrario, e l’astensione di 15 paesi, in gran parte europei, tra cui il Belgio, ma anche Francia, Germania e Gran Bretagna che pur era stata tra i pochi a criticare il piano assieme agli Stati Uniti.

Il Foglio, 26 marzo 2016