Caro Mark Zuckerberg (CEO di Facebook),
le scrivo per discutere di democrazia e di web. La grandissima comunità di volti e persone che lei e i suoi colleghi avete ideato, è fondata su alcuni principi altamente condivisibili. Sono stati chiamati “Standard della comunità” https://www.facebook.com/communitystandards/ e offrono alcune definizioni molto chiare su quelli che dovrebbero essere i principi di convivenza civile di ogni comunità, non solo sul web. Si tratta di sicurezza delle informazioni, di comportamento rispettoso, di protezione delle informazioni personali. Esiste anche una sezione specifica, che denuncia come inaccettabili i “contenuti che incitano all’odio”, fra i quali sono compresi attacchi discriminatori per razza, etnia, nazionalità di origine, affiliazione religiosa, orientamento sessuale, sesso, disabilità o malattia. Con orgoglio partecipo da anni a questa comunità di volti, trovandola utilissima per scambiarsi opinioni e per dibattere, e la utilizzo come strumento di comunicazione per diffondere conoscenza culturale e per organizzare eventi.
Mi sono però scontrato in queste settimane con una questione di principio che va a toccare le fondamenta stesse della comunità che avete creato, e coinvolge nel profondo il futuro della convivenza democratica nella nostra società. In breve: qualche giorno fa degli hacker che propugnano la rivoluzione islamista hanno attaccato il sito di una biblioteca di cui sono il direttore. La polizia sta indagando. Nel frattempo sono andato a curiosare e ho scoperto che questo gruppo denominato Fallaga Team ha numerosi e cliccatissimi account su Facebook. Ho inoltrato regolare richiesta di oscuramento, ed ecco l’impeccabile risposta ottenuta dagli uffici di Facebook, società che lei, Mr. Zuckerberg, rappresenta: “Grazie per il tempo dedicato alla segnalazione di un contenuto che, a tuo avviso, potrebbe non rispettare i nostri Standard della comunità (…). Abbiamo esaminato la Pagina che hai segnalato perché incita all’odio e abbiamo determinato che rispetta i nostri Standard della comunità.” Ora, purtroppo per chi mi ha risposto, gli Standard di comunità di Facebook parlano chiaro: “Non consentiamo a nessuna organizzazione impegnata nelle seguenti attività di avere una presenza su Facebook: Terrorismo, Crimine organizzato. Rimuoviamo anche i contenuti che esprimono sostegno a gruppi che si distinguono per il loro comportamento violento o criminale, come descritto sopra. Non è consentito sostenere o elogiare i leader di tali organizzazioni o giustificare le loro attività violente.”
Posso capire che si sia trattato di una risposta automatica, o semiautomatica, ma anche se fosse così, la cosa non sarebbe accettabile. Quello di cui vorrei discutere con lei è il valore che dobbiamo dare ai principi di democrazia e di liberalismo ai quali ci ispiriamo nella società in cui viviamo. Si tratta di principi altissimi, che sono stati il frutto di elaborazioni teoriche di grandi filosofi della politica, e che sono diventati patrimonio comune grazie al sangue versato da milioni di persone che hanno lottato per l’affermazione di quei principi e perché i loro figli (noi, io e lei) potessero vivere godendo della libertà nelle sue molteplici espressioni. Ma non si tratta di principi neutri, asettici. Sono valori che non si possono semplicemente enunciare come “Standard di Comunità”, ma vanno difesi in quanto tali. Sono stato educato nell’idea che la democrazia è una conquista, che deve esser valorizzata e coltivata e mai data per scontata. Anche chi si è inventato una geniale macchina del business ha il dovere di assumersi la responsabilità di questo principio, proprio perché senza quel principio non avrebbe potuto realizzare quel tipo di business. Facebook (e Whatsapp, che sempre le appartiene) sono fondati sulla democrazia e sono possibili solo grazie alla democrazia. Per questo motivo, caro Mr. Zuckerberg, io credo che lei sia costretto in qualche misura a “sporcarsi le mani”, a scendere dal castello incantato del “business is business” e compiere delle scelte, che possono essere dolorose e andare contro al business in sé, ma che sono necessarie. La regola commerciale è tutta contro di me: io ho solo 1700 amici di Facebook, il Fallaga Team ha decine migliaia di “like”: vincono loro. Ma io faccio cultura, dirigo una biblioteca, organizzo presentazioni di libri, conferenze. Loro propugnano la rivoluzione islamista, minacciano di sgozzare gli infedeli, promettono stragi. Lascio a lei la scelta, ma si tratta di una scelta che deve essere compiuta. Se continuerà ad insistere con la sua risposta standard, che poi è la stessa risposta che dà a chi le chiede di rimuovere materiale offensivo verso le donne, verso gli omosessuali, verso altri gruppi presi di mira in quanto “deboli”, significherà che abbiamo un problema molto serio di democrazia. Ne dovremo prendere atto, e dovremo trovare gli strumenti politici per risolverlo (che ne dice di un oscuramento coatto, compiuto su provvedimento della polizia postale?), perché una democrazia non può permettersi di lasciare campo libero a chi propugna l’odio, l’omicidio, la strage come strumento di relazione fra gli esseri umani. Caro Mr. Zuckerberg, lei ha creato un grande strumento di comunicazione, ma facendolo ha anche creato un nuovo modo di fare e comunicare le forme della politica. Rinunciando a governare queste nuove forme, lei rischia di aprire la strada all’ascesa di nuovi totalitarismi che finiranno con il distruggere le nostre democrazie. Anche Hitler e Mussolini sono giunti al potere per via democratica, perché qualcuno ha permesso che ciò accadesse. Noi, il pubblico di Facebook, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità perché questo non accada ancora. Lei, ideatore e general manager di Facebook, ha il dovere di impedire che il suo gioiello tecnologico venga utilizzato dai fomentatori dell’odio e del terrore che stanno insanguinando le strade e le piazze di mezzo mondo, e che rischiano di macchiare in maniera indelebile anche il web.
Gadi Luzzatto Voghera, storico
(1 aprile 2016)