Il Talmud parla italiano
Saggezza per tutti
L’approdo del Progetto Talmud, vale a dire della prima traduzione in italiano del testo fondamentale dell’ebraismo, è un evento di primaria importanza per la nostra cultura, che non deve restare confinato, però, fra gli addetti ai lavori. Certo, saranno per primi gli specialisti di cultura religiosa che potranno usufruire, per i loro studi, di una traduzione curata da personale altamente specializzato sotto l’egida del Cnr e confrontabile per ciò stesso con il testo originale e con le già esistenti traduzioni in tedesco e in inglese. Ma l’impegno dedicato in questi anni al lavoro e lo stesso finanziamento pubblico che lo ha sostenuto non sarebbero giustificati, se questa pur meritoria finalità fosse l’unica ad essere perseguita. Il testo di cui finalmente disporremo dovrà essere utilizzato per contrastare quell’analfabetismo in materia religiosa, che per secoli è servito ad alimentare l’ostilità fra i fedeli di religioni diverse e che, ancora oggi, viene utilizzato al medesimo fine. Ce lo ha meritoriamente ricordato e, quel che più conta, documentato Alberto Melloni, che nel 2014 ha curato il (primo) Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia (edito da Il Mulino), nel quale una trentina di studiosi hanno messo a fuoco quanto poco si sappia della propria religione e ancor meno di quella degli altri. Di qui i pregiudizi, le diffidenze immotivate, la persistenza di vecchie e sbagliate credenze, mai rimosse e riaffioranti ad ogni occasione. Ne sono vittima oggi in particolare gli islamici, ai cui testi religiosi si è pronti ad attribuire il significato loro conferito dai forsennati che se ne avvalgono per perseguire i loro fini criminali di controllo sociale. Ma continuano ad esserne vittima gli stessi ebrei lungo una storia che – come ben sappiamo – ha avuto fra i suoi bersagli maggiori proprio il Talmud. Fu così con il rogo del 9 settembre 1553 di Campo de’ Fiori a Roma, ricordato con una targa apposta cinque anni fa dal rav Riccardo Di Segni. Fu ancora così nel tardo Ottocento, quando fu la “Civiltà cattolica” (ben diversa, allora, da quella di oggi) a leggere nel Talmud null’altro che una fonte di odio anticristiano. Ed è stato così anche in questi anni, a giudicare da alcune reazioni, certo molto minoritarie, dalle quali è stato accolto questo stesso progetto di traduzione. Conosciamolo meglio, allora il Talmud, collochiamolo nei secoli in cui le sue massime vennero scritte e raccolte. Attribuire a ciascuno la sua storia ci può e ci deve servire per imparare a vivere meglio insieme, scoprendo, o riscoprendo, le tante e buone ragioni per farlo.
Giuliano Amato, giudice costituzionale
da Pagine Ebraiche, aprile 2016
(5 aprile 2016)