I Panama Papers, Modigliani e quella dubbia buona fede
“Se l’opera ha una provenienza dubbia – e a maggior ragione in caso di opere trafugate dai nazisti – i tribunali americani non si lasceranno certo intimidire da uno schermo societario a Panama”. A sottolinearlo l’avvocato ed esperto di diritto dell’arte Giuseppe Calabi, dello studio legale CBM&Partners, intervistato da Pagine Ebraiche sul caso del quadro di Modigliani trafugato dai nazisti durante la guerra, da anni al centro di una disputa legale e tornato ora al centro delle cronache perché citato nello scandalo dei Panama Papers. Proprio quest’ultimo fatto, spiega il Guardian, potrebbe essere decisivo per portare a una soluzione del contenzioso citato che vede da una parte l’unico erede del mercante d’arte Oscar Stettinger, a cui il quadro era stato sottratto dai nazisti, e dall’altra la Helly Nahmad Gallery di New York, che nel 2008 aveva consegnato alla casa d’aste Sotheby il quadro che si pensava perduto. L’opera in questione è Uomo seduto con bastone, dipinto da Modigliani nel 1918 e stimato tra i 18 milioni e i 25milioni di dollari. Venuto a conoscenza dell’asta Philippe Maestracci, nipote di Stettinger, aveva sollevato molte domande sulla provenienza dell’opera d’arte, convinto che fosse il pezzo mancante del patrimonio di famiglia. “Una situazione di questo tipo – spiega il critico d’arte Daniele Liberanome – rende invendibile il pezzo”. Anche un Modigliani, diventato in questo periodo molto popolare tra i grandi collezionisti. “Un Modì non lo manchi mai: il suo appeal – spiega Liberanome – nasce proprio perché è immediatamente riconoscibile e appartiene a quella generazione dei primi anni del Novecento il cui talento oggi è molto apprezzato dai collezionisti”.
Tornando all’asta di New York, quest’ultima effettivamente andrà deserta mentre a proseguire sarà il contenzioso tra Maestracci e la Helly Nahmad Gallery, galleria che fa capo alla famosa famiglia di mercanti d’arte Nahmad. A loro Maestracci chiede la restituzione dell’opera ma gli avvocati dei Nahmad rispondono: l’opera – attualmente custodita in un deposito a Ginevra – non appartiene ai nostri clienti ma alla International Art Center (nell’asta del 2008 la proprietaria risulta effettivamente la Iac). Ma per Maestracci, “la Iac è un’entità offshore usata strumentalmente dai convenuti (i Nahmad) per gestire i propri affari”. E quanto risulta dai Panama Papers sembra confermare questa tesi. Da questi documenti sarebbe emerso che Mossack Fonseca – una delle più importanti società al mondo che si occupa di gestione di società offshore con sede a Panama e da cui sono trapelate le famose carte – ha aiutato la famiglia Nahmad a creare la società nel 1995, poi utilizzata dai commercianti d’arte. Ancora sul Guardian, gli avvocati dei mercanti d’arte hanno comunque sottolineato la buona fede dei propri clienti. “Parlo in termini generali e non per il caso specifico, ma la buona fede va molto ridimensionata. – sottolinea l’avvocato Calabi – Di fronte a casi di opere di dubbia provenienza, con in gioco operatori professionali, è difficile invocarla. Anche per la casa d’aste sono situazioni che creano imbarazzi”. “Non conosco bene in termini ma posso dire di aver visto casi molto più complicati di questo”, aggiunge l’avvocato, ricordando la famosa vicenda che vide contrapposti in giudizio Maria Altmann e la Repubblica d’Austria in merito alla proprietà di diverse opere di Klimt. In quel caso vinsero gli eredi, nel caso di Modigliani bisogna ancora attendere la decisione dei giudici di New York, su cui peseranno le rivelazioni emerse da Panama. Nelle scorse ore intanto il procuratore svizzero Claudio Mascotto ha avviato la ricerca del dipinto perquisendo, riporta Artnet, il deposito d’arte Rodolphe Haller di Ginevra proprio in virtù di quanto emerso attraverso i Panama Papers. Peraltro sulla vicenda al centro del cronache di tutto il mondo l’avvocato Calabi spiega che “Panama è l’ultima frontiera di una realtà che sta sparendo. Il mondo è cambiato e quel sistema è in recessione”.
Daniel Reichel
(11 aprile 2016)