Quale partecipazione
Sul notiziario quotidiano dell’otto aprile 2016 Gadi Luzzatto Voghera scrive, a proposito della partecipazione dei vessilli della Brigata ebraica alla manifestazione del 25 Aprile, che è necessario ragionare sull’opportunità di allargare gli orizzonti della riflessione sul significato della guerra di resistenza antifascista e antinazista intrapresa in Italia e in Europa; onde dare un senso attuale, sostiene che l’attenzione vada rivolta, oltre ai giovani ebrei arruolati nella Brigata Palestinese e a quelli che lottarono nelle formazioni partigiane, anche ai soldati britannici, francesi, americani, canadesi, neozelandesi, polacchi, marocchini, algerini, tunisini, indiani, sudafricani. Anche se scrive che il loro comportamento “non fu sempre integerrimo nei confronti della popolazione civile italiana (sono noti gli episodi di violenza sulle donne e contro le sedi del partito comunista)” l’autore riflette sulla componente multietnica di quell’armata, la quale andrebbe valorizzata in un momento in cui si “straparla di “invasioni” di migranti e di “pericolo” per l’Europa”.
A me sembra che non vi sia, invece, un collegamento fra la multietnicità dell’armata e la questione dell’immigrazione. Ipotizzo – l’autore mi correggerà – che la maggior parte dei soldati di Paesi extraeuropei sia stata arruolata d’imperio o comunque senza motivazioni ideali, mentre chi viene oggi a vivere in Italia lo fa di sua spontanea volontà. Certamente siamo grati per l’eternità ai soldati che diedero la loro vita per liberare l’Italia dai nazisti, ma non penso che i poveretti delle colonie, già angheriati del loro, spesso trascinati a combattere da noi, l’abbiano fatto per liberare gli ebrei e per affermare gli ideali democratici. Certamente le motivazioni dei polacchi, con la loro patria calpestata dai tedeschi, non potevano essere identiche, per dire, a quelle dei brasiliani, molti di loro caduti nei campi di battaglia italiani. E men che meno possiamo accostare a costoro i volontari della Brigata Ebraica, che rischiavano il duplice sterminio in Palestina e in Europa.
Il romanzo La Ciociara, di Alberto Moravia, racconta degli stupri ad opera dei goumiers, il che renderebbe impossibile accostarli, per esempio, agli eroi della Brigata Ebraica, cosa che sicuramente il nostro prestigioso articolista certamente non fa. Accomunare l’armata straniera in Italia agli immigrati attuali per il solo versante della multietnicità è un’operazione giusta per la parte in cui rende un sacrosanto omaggio ai caduti dimenticati, ma non mi sembra persuasiva per la sua trasposizione nelle vicende attuali, troppo complesse per operazioni di questo tipo, alle quali riconosco comunque le migliori intenzioni. Quanto alla violenza alle sedi del partito comunista, mi domando, visto che si scrive del 25 aprile, quante sedi vi fossero prima della liberazione e cosa importasse ai soldati stranieri di quelle sedi; sicuramente il nostro valido autore ne sa più di me e confesso che leggerei con attenzione e interesse la sua cronaca dei fatti. In ogni caso, sarebbe interessante un contributo dell’autore in merito al tipo di partecipazione (volontaria, d’imperio, retribuita doviziosamente o meno) di ciascuna componente, non di tutti ma di alcuni, perché il dibattito italiano attuale non sembrerebbe imperniato sugli immigrati canadesi, americani e neozelandesi.
Emanuele Calo, Consigliere UCEI
(11 aprile 2016)