JCiak – De Niro e i sogni di Ellis Island

JR-e-Robert-De-Niro“Sono venuto qui perché volevo trovare una casa, perché volevo pace, perché volevo essere trattato come gli altri”. Nel pronunciare queste parole la voce profonda di Robert De Niro quasi si spezza. Poi la storia avanza, esile e potente, ed è quella di centinaia di uomini, donne e bambini che agli inizi del secolo sbarcarono a Ellis Island inseguendo in America il sogno di una vita migliore. Ellis, ultimo corto dell’artista francese JR – già presentato al festival di Tribeca e in questi mesi immancabile nel circuito dei festival ebraici statunitensi (ma per vederlo non occorre andare più in là di youtube) – nell’arco di un quarto d’ora riesce a mettere in scena una tema di attualità stretta su uno sfondo di straordinario impatto visivo.
Ellis ha un unico protagonista in carne ed ossa, Robert De Niro, che attraversando le sale sbrecciate e i corridoi fatiscenti dell’Immigrant Hospital dell’isola riflette – lui nipote di emigranti – sull’esperienza di quanti in passato furono spinti dalla miseria, dalle persecuzioni, dalla mancanza di libertà, a cercare una nuova vita oltreoceano. Ad accompagnare i suoi passi sono i volti degli stessi immigranti, che a centinaia tappezzano come foglie secche i pavimenti e le mura del grande ospedale nell’installazione di JR intitolata “Unframed – Ellis Island”.
Ricavata dall’artista dalle scattate allora agli immigrati europei e realizzata interamente in bianco e nero, l’opera è al tempo stesso fondale e centro dell’intero corto. Gli occhi di quegli uomini, donne e bambini tornano così a interrogarci, nel gelido silenzio di quel luogo in cui dal 1902 passarono almeno un milione e duecentomila migranti. Vediamo una madre che siede accanto al letto, accanto al suo bambino. Un gruppo di viaggiatori che si arrampica sfinito lungo una scala fatiscente. Un chirurgo dietro al tavolo operatorio che ci guarda oltre la mascherina. La quotidianità di un nuovo mondo che doveva apparire spaventevole e al tempo stesso pieno di speranza a chi allora vi sbarcava.
“Quando ho iniziato a lavorare a Ellis – ha spiegato JR – la crisi dei rifugiati ancora non aveva raggiunto il picco. Attraversando l’ospedale abbandonato di Ellis Island potevo però sentire la presenza delle centinaia di migliaia di persone che erano passate di là, di quelli che ce l’avevano fatta e dei tantissimi che erano stati rimandati indietro. Sono alla ricerca di quello che oggi spesso manca nei media, la storia dietro chi lascia il suo paese. Voglio sapere che cosa li ha spinti ad abbandonare tutto e tutti dietro a sé, magari sapendo che non potranno più fare ritorno. Serve un grande coraggio a fare tutto questo. E come ci sono stati immigranti a Ellis un secolo fa, ci sono immigranti oggi e ce ne saranno anche fra cent’anni: dobbiamo quindi fare quello che si può per connetterci alle loro storie”.
In questa prospettiva, le ali che De Niro immagina davanti a una New York velata di neve e ghiaccio, che sembra lontana anni luce dall’isola dei migranti, sono un sogno ancora più struggente. Bastano un paio d’ali a varcare quello e tanti altri tratti di mare. Basta solo il passaporto giusto.

Daniela Gross

(14 aprile 2016)