Strategie per Pesach

Sara Valentina Di Palma Ci siamo, il momento è arrivato. Prima del Biur Chametz che distrugge l’ultimo presente in casa alla vigilia della festa, prima della Bedikat Chametz la sera precedente, a lume di candela, in cui le probabilità che almeno uno dei figli bruci i capelli all’altro sfiorano il 99%, prima ancora delle pulizie, che già richiedono una buona dose di meditazione preventiva. Prima dello studio delle regole a partire da un mese avanti, come dire che ti ripigli dal divorare dolci di Purim (anche se non bevi, compensi mangiando) con il divorare Halachot di Pesach, cosa che fa bene allo spirito e abbastanza anche alla linea, perché vero è che si può spiluzzicare cibo leggendo, ma giammai leggendo testi che possono essere consultati di Pesach, con il rischio di doversi impegnare in una ricerca aggiuntiva di Chametz tra le pagine.
Prima dunque di tutto ciò, è giunto il terribile momento della pianificazione manducatoria e del lungo lavorio di consultazione familiare ed amicale, con una continua e mutevole elaborazione di liste di prodotti da acquistare: in Comunità, nella sezione di Comunità, presso il parente, l’amico e il conoscente che vanno nel paese del Bengodi di Calandrino e l’elitropia (dove perlomeno l’oca la potremmo mangiare, tra tutto quel cibo) di una grande città con una grande Comunità con tante delizie culinarie da portare a casa, al pari degli emigranti in fugace ritorno al paesello natio, con tutti i desiderata di chi sospirando aspetta il loro ritorno. Probabilmente nemmeno la preparazione del D-Day ha richiesto tale coordinamento di teste pensanti.
I bambini chiedono da sei mesi il pasticcio di matzot, ma poi quanto ne mangeranno davvero? La sindrome dell’accumulo di provviste per ogni evenienza è terribile ed invecchiando si peggiora: se ancora quattro anni fa era avanzato solo un chilo di matzot (sì, c’era anche quello regalato al Chazan che aveva avuto ospiti imprevisti, ma non conta…), due anni fa ne erano rimasti tre e lo scorso anno meglio non contarli, basti dire che più o meno sotto Rosh HaShanah era arrivata la supplichevole richiesta del nonno dei bambini (uno che difficilmente chiede, figuriamoci supplicare) di pensare, con i buoni propositi per il nuovo anno, di rivedere le quantità di azzima da comprare per Pesach perché poi ci va avanti anche lui quasi tutto l’anno.
Del resto, tutto ciò richiede a monte la strategica progettazione di dove fare i Sedarim: se almeno uno dei due a casa e con quanti invitati, più il posto per il Profeta Elia che non si fa vedere a mangiare, ma non si sa mai (e non si può mica fare cattiva figura nel caso arrivasse all’ultimo minuto e non ci fosse abbastanza da mangiare…). E ancora, dover ipotizzare di preparare pietanze per inviti al Seder a casa d’altri. Cosa, questa, complicata dal dover prevedere quante persone possano eventualmente esserci (ulteriore giro di telefonate ed elaborazione di ardue equazioni matematiche), e cosa possa essere fatto pervenire per tempo in casa altrui e tramite chi.
E le liste? Data l’assuefazione dei bambini ai biscotti francesi all’arancia, che ogni anno non bastano mai, quanti chili ne serviranno? Ci sono poi grossi imprevisti di cui cercare di tener conto: lo scorso anno le matzot all’uovo sono arrivate, improvvisamente e a tradimento, di una marca diversa rispetto alle usuali degli anni passati; i fini palati infantili hanno deciso che non le avrebbero mangiate, e dunque averne comprate due scatole perché l’anno precedente mancavano si è rivelato fallimentare (il nonno sospira). Cosa opposta per la marmellata di datteri, tristemente finita a metà settimana. Restare senza marmellata di datteri può apparire piccola cosa rispetto al constatare aprendo i pacchi che, orrida sorpresa, le scatole di matzot sono in numero errato (il nonno spera sempre che tale numero sia nettamente inferiore rispetto all’ordine effettuato).
L’arrivo dei pacchi poi sarà già un piccolo trasloco, e bisogna di nuovo pensare al parente, all’amico e all’emigrante per farti recapitare un pacco da uno, un pacco dall’altro, uno da chi ha il permesso per entrare con la macchina nella zona a traffico limitato.
E tutto quello che si può acquistare al supermercato vicino, ma va preso in anticipo per Halachah o per tempo ai fini organizzativi domestici, dove lo mettiamo? Nel senso, dove lo mettiamo nel pensarci, nel trasportarlo e soprattutto nello stivarlo in casa?
Inizio ad apprezzare, a fortiori, la saggezza bisnonnesca purtroppo da me irriverentemente sbeffeggiata quando era in vita, nel non far conoscere mai, per nessuna ragione al mondo e a nessuno, l’acquisto delle uova: psicologicamente terrorizzerebbe chiunque e porterebbe automaticamente il livello di colesterolo alle stelle, rendere i propri cari edotti sull’aver procurato, preparato ed ingerito qualcosa come ottanta o cento uova in una settimana…meglio farne comprare una mezza dozzina quel giorno lì alla figlia, un’altra mezza dozzina il giorno dopo alla nipote, una dozzina alla cugina in visita, eccetera eccetera. Poi se la gente vuol perdere tempo a cospirare per ricostruire chi ha comprato uova e quando, per tentare di azzardare un totale, a suo rischio e pericolo.
Insomma, alla fine di tutto questo studiare, pianificare, cancellare e riscrivere, fare materialmente le pulizie di Pesach non sarà poi una grande fatica, e a tempo perso, tra una bollitura ed uno svuotamento di cassetti, ci si può anche fare uno zabaione, che tanto uovo più o uovo meno, non se ne accorgerà nessuno.

Sara Valentina Di Palma

(14 aprile 2016)