Qui Roma – Il convegno al Pitigliani
Persecuzioni sotto silenzio

IMG_20160414_210558_editLe ragioni del silenzio sono quelle di chi è stato messo a tacere per eliminare la sua identità. Le ragioni del silenzio sono anche quelle di chi non ha voluto parlare per la vergogna di fronte a una società non pronta ad ascoltarlo. “Le ragioni del silenzio. Il triangolo rosa della Shoah” è il titolo di un convegno tenutosi ieri sera al Centro ebraico il Pitigliani a Roma per raccontare la persecuzione degli omosessuali da parte dei regimi nazista e fascista, organizzato dal Magen David Keshet Italia, la prima organizzazione indipendente ebraica LGBT italiana. A descrivere la tragedia e il dolore della testimonianza, spesso mancante, sono stati la psicoterapeuta Anna Segre e lo storico e insegnante Gianfranco Goretti, coordinati da Raffaele Sabbadini di Magen David Keshet Italia. A portare i loro saluti il presidente dell’organizzazione Serafino Marco Fiammelli e l’assessore alla cultura del Pitigliani Daniele Fiorentino. A corredare gli interventi anche alcune testimonianze video di sopravvissuti e letture a cura dell’attore Olec Mincer. Il convegno è la replica di una conferenza svoltasi al Senato in occasione del Giorno della Memoria, riproposta come parte di un percorso che arriverà ora nelle scuole italiane, “poiché l’omofobia – ha sottolineato Sabbadini – nasce anche all’interno della scuola, ed è da lì che dobbiamo partire per combatterla”.
Le persecuzioni nei confronti degli omossessuali, così come quelle nei confronti degli ebrei, “nascono da un’ideologia che cercava di imporsi anziché con le proprie affermazioni positive con la negazione dell’altro, eliminando il diverso per affermare la propria identità”, ha fatto notare Fiorentino. È avvenuto proprio questo in Germania, ha sottolineato Segre, dove si è dovuto lottare perché le persecuzioni fossero riconosciute come tali e già dalla fine dell’Ottocento esisteva una legislazione contro l’omosessualità rimasta in vigore fino al 1968. Un divieto punito più severamente dal regime nazista, che fece deportare gli omosessuali nei campi di sterminio, ma il fatto che la legge non venne rimossa fece sì che molti sopravvissuti fossero riarrestati più volte ancora nel corso della loro vita, costretti a rivivere non solo la sofferenza e ma anche lo stigma sociale. Per questo, ha osservato Segre, la quale ha realizzato un documentario che raccoglie testimonianze video dei sopravvissuti, “le persone difficilmente volevano parlare di quello che era successo loro, in particolare per la vergogna che ancora provavano in relazione alla loro esperienza, e la mancanza di testimoni ha reso difficile sia raccontare queste vicende sia anche renderle comprensibili a ognuno attraverso l’empatia che si genera sentendo parlare una persona”.
Diversa la situazione in Italia, presa in analisi da Goretti, dove non ci sono stati né morti né repressioni da un punto di vista esplicito, eppure ancora i gay non godono degli stessi diritti di cui godono negli altri paesi, anche gli stessi che hanno attuato una legislazione contro di loro. Nel passato, ha quindi spiegato partendo dalla sua stessa esperienza, “i docenti nelle scuole erano in grande imbarazzo quando dovevano parlare di personaggi gay come Pasolini, e quando ho dovuto scrivere la mia tesi di laurea in storia contemporanea mi sono reso conto del fatto che si sapeva qualcosa sulla situazione degli omosessuali in Germania, ma sull’Italia non si sapeva nulla, e per questo ho cercato di fare luce”. Le ragioni del silenzio sono molte, ha quindi affermato Goretti, ma la prima è che “gli storici non si sono occupati di questo argomento, perché non interessava o sembrava marginale. Ma oggi le cose sono cambiate – la sua conclusione positiva – e i nuovi storici hanno un nuovo atteggiamento nei confronti di questo silenzio”.

f.m. twitter @fmatalonmoked

(15 aprile 2015)