Qui Milano – Il design israeliano sbarca in Triennale

IMG_20160416_214617_editGiovani designer assieme a nomi già affermati approdano da Israele alla XXI Triennale di Milano, dedicata al tema Design after Design. Due le mostre proposte e presentate ieri al pubblico milanese: la prima, curata da Luka Or e dall’enigmatico titolo “Yes &..”, porta in Triennale i lavori di venti studenti della Holon Institute of Technology che raccontano, non senza ironia, la realtà israeliana. La seconda, Higher View, è incentrata sul lavoro di Ezri Tarazi e al rapporto con la sua città natale, Gerusalemme. “Dopo il grande successo di Expo, Milano ci ha chiamati ad una seconda sfida: presentare il design israeliano proprio qui, nella capitale mondiale del design. – ha spiegato durante la presentazione dell’esposizione l’ambasciatore d’Israele Naor Gilon, presente assieme al Consigliere alla Cultura dell’ambasciata Eldad Golan – Ma anche Israele, come Milano, ama le sfide, e ha scelto di partecipare con due mostre che illustrano l’essenza di Israele: la tecnologia al servizio della società e la visionarietà. Due progetti originali con i quali Israele continua il dialogo con la città di Milano e con tutti i suoi ospiti internazionali, e che certamente possono contribuire a rendere sempre più forti e dinamici i rapporti tra le nostre culture”. A presenziare all’appuntamento, tra gli altri, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach e i presidenti della Comunità ebraica di Milano Raffaele Besso e Milo Hasbani; oltre al presidente della Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti Piergaetano Marchetti e la vicepresidente Anita Friedman.
Nell’esposizione, attraverso il design prende forma la complessità e la vivacità della realtà culturale d’Israele. “Questo pluralismo – scrive nella presentazione Ravid Rovner, storico e teorico del design – viene espresso nel design israeliano, che spesso si occupa di conflitti di identità etnica, di tradizione e della sua rottura, e a volte tenta di rendere unica e separare la cultura del paese di provenienza da quella israeliana, mentre altre volte prova a mediare tra le due, a mescolarle e a renderle attuali”.

(17 aprile 2016)