… dialogo

La partecipazione di Moni Ovadia alla trasmissione di Beppe Severgnini, L’erba dei vicini, ha suscitato il solito scalpore e la solita indignazione. Diciamo innanzitutto che la scelta degli ospiti di Severgnini non è stata delle migliori. Si poteva fare di meglio. Ma si sa che la TV non cerca sempre il meglio, ma ciò che fa audience, e di altro non si preoccupa. Quanto a Moni Ovadia, questa volta ha sconcertato anche me. Si sentiva nelle sue parole non solo il senso dello scandalo, ma vera e propria acredine nei riguardi di Israele, come se ci fossero dei conti in sospeso. Nessuna parola che minimamente cercasse di tenere una posizione anche vagamente obiettiva sul paese e sulla sua gente. Nessuna minima osservazione che cercasse di tenere conto anche delle azioni politiche e terroristiche palestinesi nel confronto. Se è vero che molti ebrei di casa nostra hanno sostituito il loro ebraismo con la fede nello stato di Israele, o con la religione della Shoah, è anche vero che altri, e fra questi Moni Ovadia, hanno sostituito l’adesione a un ebraismo totale la fede nell’anti-israelianismo dalla deformata ottica della sinistra radicale, cui è lo stesso ideale sionista ad andare di traverso. Che dire? Triste che Moni Ovadia abbia tanti conti, esterni e interiori, da regolare con l’ebraismo. Triste che chi si ribella contro la visceralità di Moni Ovadia lo faccia, sui social media, con mezzi che superano ogni limite della decenza. A rimetterci è certamente la possibilità di dibattito, se non proprio di dialogo.

Dario Calimani, Università di Venezia

(19 aprile 2016)