primavera…

È scritto nella Torah: “Shamòr eth chòdesh ha-avìv we-‘asìtha Fésach”, “Osserva il mese della primavera e farai Pésach”. La Torà ha ordinato che ci sia una cura particolare perché Pésach cada sempre in primavera, tanto che per averne sempre la certezza – visto che l’anno lunare è più corto di quello solare – come quest’anno si intercalano di tanto in tanto anni embolismici, di tredici mesi.
C’è difatti una stretta correlazione fra la primavera e l’uscita dall’Egitto, e non solo perché Pésach ha anche un significato agricolo: il vero motivo è il rapporto fra la natura e l’umanità. Solo nel momento in cui la natura si sveglia era possibile far nascere a nuova vita il popolo d’Israele.
Ma l’analogia non si ferma qui. La primavera non è che l’inizio del ciclo naturale: la natura deve ancora svilupparsi appieno, e lo farà solo seguendo le sue leggi, fissatele da D.o al momento della Creazione. Anche il popolo ebraico con Pésach celebra solo l’inizio della sua esistenza: essa si consoliderà solo attraverso la Torah. Uscire da essa significa, ha significato e significherà solo rigettare le “leggi naturali” dell’ebraismo, cosa impossibile, come è impossibile far crescere le piante contro le leggi della natura.

Elia Richetti, rabbino

(21 aprile 2016)