Oltremare – La bussola

danielafubini2In occasione della mia laurea, ormai molti anni fa, un amico di famiglia mi regalò una bussola portatile, con l’augurio che io sapessi sempre dove mi trovo e verso dove dirigermi. È un oggetto piccolo e facilmente trasportabile, e anche per questo la bussola è poi venuta con me nei vari trasferimenti, e segna il nord adesso nella mia casetta di Tel Aviv. Nella stessa occasione, avevo ricevuto dalle amiche un quadro con il globo terrestre stilizzato, coloratissimo e allegro, sospeso in uno spazio grigio argento. Il biglietto diceva qualcosa come vai, il mondo è tuo. Il quadro però è rimasto fermo a Torino.
In questi anni turbolenti dall’11 settembre 2001 in poi, mi sono chiesta spesso se il mondo non stia perdendo completamente la bussola, e se non fosse il caso di riunire quei due regali, come atto minimo e un po’ superstizioso – se è ignoto quale sia l’azione che può riportare l’ordine nell’universo, chissà, magari basterebbe davvero poco.
Al momento però, siamo nel mezzo dei sette giorni in cui come ebrei celebriamo la nostra liberazione e il simultaneo divenire popolo del popolo ebraico. E Mosè non aveva una bussola, evidentemente, altrimenti magari ci saremmo evitati 40 da girovaghi nel deserto, ma al momento dell’uscita dall’Egitto ancora non lo sapevamo. Poi c’è chi dice che senza quei 40 anni desertici non saremmo davvero un popolo, poi uno dice il vittimismo ebraico.
E poi oggi è anche il 25 aprile, Festa della Liberazione, giorno per il quale la bussola non serve neanche, che si sa benissimo dove si deve andare: in piazza. Un giorno di doppia liberazione, ebraica ed italiana, va festeggiato in piazza. E chi avesse dubbi, si ricordi quali erano nel ’45 quelli che gli ebrei li mandavano a morire nei campi, e quali erano quelli che li nascondevano e li proteggevano dai nazifascisti. Ecco, appunto. Fuori a festeggiare, è Festa d’Aprile.

Daniela Fubini, Tel Aviv

(25 aprile 2016)