Storie – Il 25 aprile che vorrei
La Resistenza è stata per lungo tempo considerata una “roba” di sinistra, anzi dei comunisti. Per responsabilità e motivi vari, la storiografia per decenni si è soffermata quasi esclusivamente sulle vicende dei partigiani in montagna con i fazzoletti rossi e dei gappisti nelle città che, indubbiamente, furono molto attivi e determinati. Solo da poco tempo si sono studiate quelle che il grande storico Giorgio Rochat ha definito le “quattro resistenze”, analizzando il prezioso contributo dato alla guerra di liberazione dagli internati militari con il loro coraggioso “no” all’adesione alla Rsi, dalle formazioni militari autonome, d’impronta moderata e monarchica, come il Fronte militare del colonnello Montezemolo, dai cattolici (compresi molti sacerdoti) e dagli ebrei, che percentualmente furono quelli che più di tutti aderirono alle bande partigiane (senza dimenticare la Brigata Ebraica), dai militari del Corpo italiano di Liberazione, che affiancarono gli alleati nell’avanzata verso nord, dai deportati politici, i cosiddetti “triangoli rossi”, che furono rinchiusi nei lager per la loro opposizione ai nazifascisti, da tanti civili senza colore politico, in particolare donne, che nascosero e aiutarono partigiani, antifascisti, ebrei, renitenti alla leva, ex prigionieri alleati.
Grazie a questi studi storici, oggi possiamo affermare con cognizione di causa che la Resistenza fu un grande e straordinario movimento plurale e multiforme, che la guerra di liberazione fu combattuta da una consistente minoranza di italiani di diversa fede politica o religiosa e che i suoi valori sono alla base della nostra democrazia e costituiscono un patrimonio comune di tutte le forze politiche.
Il 25 aprile che vorrei dovrebbe ricordare tutto questo e non consentire a piccoli gruppuscoli estremisti di strumentalizzare la memoria della lotta della libertà.
Mario Avagliano
(26 aprile 2016)