JCiak – Due israeliani a Cannes

filmQuasi dieci anni fa Eran Kolirin aveva fatto parlare di sé grazie a La banda (Bikur Hatizmoret), tenero e surreale racconto di una banda egiziana che viaggiando verso Petach Tikvah si ritrova bloccata in mezzo al deserto nella cittadina di Bet Hatikva. A quel film – che vale la pena rivedere, se non altro per l’intensa interpretazione di Ronit Elkabetz, la grande attrice israeliana da poco scomparsa – aveva fatto seguito Exchange (2011), strana storia una giovane coppia, che aveva avuto assai meno successo e poi, almeno all’estero, il silenzio. Adesso Kolirin torna alla grande sul prestigioso palcoscenico di Cannes, dove presenta il suo nuovo film Beyond the Mountains and Hills (Me’ever laharim vehagvaot) nella sezione Un certain regard. A dividere con lui gli onori della Croisette, la regista Maha Haj al suo debutto con Personal Affairs (Omor Shakhsiya).
Non si sa ancora molto del nuovo atteso film di Kolirin, se non che mette in scena la disillusione di un veterano dell’esercito israeliano che dopo 22 anni di servizio non riesce più a riconoscere il suo paese. Secondo la produzione uno degli elementi centrali del film è la musica, che mette in luce artisti israeliani come Arik Einstein, Yarkon Trio e Shlomo Artzi. Il tema della musica non stupisce, considerato il gran successo de La Banda, film con cui Kolirin aveva debuttato, che dopo aver conquistato la critica, vinto il premio Fipresci a Cannes e otto premi Ophir (gli Oscar israeliani) era riuscito nell’impresa di portare in sala più di mezzo milione di spettatori. Un numero risibile, se paragonato a blockbuster del calibro di Star Wars, ma di tutto rispetto per un piccolo film che – se non fosse stato per oltre il 50 per cento dei dialoghi in inglese – sarebbe approdato alla selezione per gli Oscar.
Il film successivo, The Exchange, presentato al Festival del cinema di Venezia, non aveva mantenuto le promesse come forse era inevitabile, alla luce del boom precedente. Ispirato in parte alle esperienze dello stesso regista nel tour di presentazione de La Banda, il film metteva in scena la stramba vicenda di Oded e Tami, lui fisico che insegna all’università, lei architetto fresca di laurea. La storia prende il via nel momento in cui lui, rientrato in casa un pomeriggio per prendere qualcosa che ha dimenticato, rimane folgorato dall’idea di osservare la sua vita al di là del contesto abituale. L’idea diventa presto ossessione, con le gag che ne discendono, notevoli visioni d’architettura ma poche risate e scarso gusto.
A colpo d’occhio il tema di Beyond the Mountains and Hills, più in linea con quel filone d’impegno civile e politico per cui il cinema israeliano si è fatto conoscere, promette meglio. Staremo a vedere. E sarà interessante vedere anche il debutto a Cannes di Maha Haj, scrittrice cristiana che si considera palestinese e che, malgrado le recenti roventi polemiche sull’identità dei film (ricordate il caso Suha Arraf con il suo Villa Touma due anni fa al Festival di Venezia?) non sembra turbata dal fatto di presentare il suo film come israeliano. “Sono palestinese e questo è un film israeliano, finanziato con fondi di Israele. Non vedo dove sta il problema”.

Daniela Gross

(28 aprile 2016)