Si balla sulle note dello Yemen

A-waLa foto della campagna del loro primo disco, che dopo il lancio digitale lo scorso inverno esce in cd il 27 maggio in Francia, le ritrae abbigliate in djellaba a motivi optical: l’autore è l’artista marocchino Hassan Hajjaj, il Martin Parr del Maghreb. Loro sono invece le A-Wa, giovane band femminile israeliana di origine yemenita che riempie i club di Tel Aviv cantando in arabo. «Siamo cresciute a Shaharut, una manciata di case nel sud di Israele, al confine con la Giordania», raccontano a pagina 99 Tair, Liron e Tagel, le tre sorelle Haim che hanno formato il gruppo, «con i nostri genitori abbiamo ascoltato musica sin dall’infanzia, ma è grazie ai nonni paterni, giunti in Israele dallo Yemen negli anni ’50, che abbiamo scoperto le nostre radici e il dialetto arabo». Un successo di dimensioni internazionali, con recensioni entusiastiche su Le Monde, apparizioni su televisioni e radio francesi e nordamericane, paragoni con Ofra Haza (l’ormai scomparsa regina della musica israeliana, anch’essa di origine yemenita). Persino Al Jazeera ha titolato “La prima band israeliana che raggiunge il top della classifica cantando in arabo”, mentre la loro pagina Facebook è seguita da migliaia di fan provenienti anche da Marocco, Egitto, Tunisia, Yemen. Le tre sorelle sono felici e stupite al tempo stesso di questa popolarità e confermano come i commenti lasciati dagli ammiratori arabi sui loro profili social siano positivi e fuori da ogni polemica. «Abbiamo iniziato ad ascoltare le melodie tradizionali cantate dalla nonna, in occasione di matrimoni e feste familiari», raccontano le A-Wa, «quindi ci siamo interessate al repertorio musicale delle anziane donne yemenite. Il primo a registrare queste canzoni, fino ad allora esclusivo patrimonio orale, fu negli anni ’60 Shlomo Moga’a, così abbiamo deciso di riproporne alcune e visto che sin da bambine abbiamo studiato musica, cantarle insieme ci è parso naturale». Le loro voci acute che intonano il classico silsulim, il gorgheggio orientale, hanno destato l’interesse di Tomer Yosef, anch’egli di ascendenza yemenita e frontman della band Balkan Beat Box, che le ha lanciate, inserendo sonorità elettroniche e fornendo loro un supporto di ottimi musicisti. 11 primo album Habib Galbi contiene dodici pezzi tradizionali contaminati da hip hop ed elettronica, con titoli aulici dei canti d’amore femminili della penisola araba: tra questi Ya Raitesh Al Warda (“Se tu fossi una rosa”) o Zangabila (“La pianta di zenzero”). Ora le A-Wa, il cui nome è un grido di incitamento in arabo, sono in tour tra l’Europae gli Usa, con un live act fatto di voci antiche e armoniose, vestiti vintage che miscelano folklore e sneakers. Questo fervore musicale è uno degli aspetti di quella che in Israele è la rinascita della cultura mizrahì, che appartiene agli ebrei di origine nordafricana e mediorientale. Comunità che hanno convissuto con quelle musulmane per secoli, intrecciando attività e relazioni, fino alla nascita dello Stato ebraico e alla conseguente ostilità araba nei loro confronti. Furono circa 700 mila gli ebrei che lasciarono questi territori per emigrare in Israele. Per gli yemeniti,in particolare, venne allestita l’Operazione Tappeto Magico, un ponte aereo che tra il 1949 e il 1950 mobilitò circa 50 mila persone.
Per i mizrahìm giunti nella Terra Promessa all’inizio la vita non fu facile. Il modello egemonico era quella di una nazione bianca e askenazita, fatta da pionieri che mal vedevano quell’invasione di confratelli dalla pelle scura e di lingua araba. Oggi però le cose stanno cambiando: la maggior parte della popolazione ha origini mizrahì e in essa una minoranza giovane e colta sta riscoprendo le proprie radici, lottando per avere voce in ambito politico, sociale, accademico. Alcuni attivisti accusano la classe dominante di aver marginalizzato per troppo tempo la comunità, mentre altri operano una rivendicazione culturale attraverso la promozione della musi-catradizionale. Oltre alle A-Wa, sono numerosi gli artisti israeliani che hanno ripreso la lingua araba per i loro lavori. È il caso di Dudu Tassa, giovane cantautore di origine irachena tra i più popolari del Paese che ha attinto al patrimonio musicale del nonno e del prozio, Daoud e Saleh El Kuweiti. Questi furono i più grandi musicisti iracheni del XX secolo, autori di composizioni che hanno fatto la storia della musica araba. Emigrati in Israele negli anni ’50, da star che erano, divennero due sconosciuti che si guadagnarono da vivere come commercianti, occultando il loro talento in una dimensione privata. Il nipote Dudu ha convissuto per anni con il loro mito, intraprendendo poi un viaggio alla ricerca delle proprie origini, fino a realizzare due album cantati in arabo iracheno e contenenti le canzoni originali del nonno riproposte con sonorità attuali: Dudu Tassa and the Kuweitise Ala Shawati. I nonni sono stati l’ispirazione anche per Neta Elkayam, cantante e musicista di origine marocchina proveniente, come la maggior parte degli ebrei magrebini, da Be’er Sheva. Neta ha appreso la darija, l’arabo dialettale parlato nel regno alawita, dalla nonna, che gli ha passato anche la sua memoria musicale. Elkayam ha creato un progetto con canzoni e melodie ispirate ai repertori di artisti ebrei marocchini e algerini degli anni ’40,’50 e ’60 come Samy El Maghribi, Line Montye Maurice El Medio- ni, storici beniamini del pubblico magrebino sia musulmano che ebreo. L’arabo, almeno quello cantato, non è più la lingua del nemico di Israele.

Alessandra Abbona, Pagina 99 We, 23 aprile 2016