Una grande stagione di impegno

La Tradizione ebraica è caratterizzata dall’imperativo categorico Zachor, ricorda. “Noi ebrei – scriveva Martin Buber nel 1938 – siamo una comunità basata sul ricordo. Il comune ricordo ci ha tenuti uniti e ci ha permesso di sopravvivere…”.
“Ricorda i tempi antichi, cercate di comprendere gli anni dei secoli trascorsi, interroga tuo padre e ti racconterà, i tuoi anziani e te lo diranno….”. ((Deuteronomio, 32; 7,)
Nella lingua ebraica non c’è il termine storia che viene tradotto con “toledot” che letteralmente significa “generazioni”. Non vi è dunque Storia se non attraverso ciò che una generazione riesce a tramandare alla successiva. In questo risiede l’imperativo morale di ricordare.
Da qualche anno gli studiosi analizzano seriamente le memorie individuali, cercando di organizzarle in maniera scientifica ai fini delle indagini storiche. E la cosiddetta storia orale è diventata uno dei filoni più fecondi, e inesplorati, della ricerca sul passato.
Si tratta di un ambito potenzialmente infinito – tante testimonianze quanti sono gli individui! – senza contare che le nostre memorie, come spiegava mirabilmente Primo Levi, si trasformano nel corso della vita.
Nel convegno odierno dopo una prima parte in cui viene fornito un quadro delle diverse posizioni politiche della popolazione ebraica italiana alla vigilia della grande guerra e i dati relativi al loro coinvolgimento attivo nel primo conflitto mondiale vogliamo dar voce ad una serie di storie personali che riteniamo utili a spiegare gli ideali che spingevano molti ad impegnarsi attivamente nel conflitto dando dimostrazione della partecipazione attiva che gli ebrei italiani hanno dato alle lotte per l’unità d’Italia.
In particolare in quasi tutti i medici ebrei vi è stato oltre all’impegno nello sviluppo della scienza medica un forte impegno civile e sociale quasi come un obbligo per la libertà e per la emancipazione ottenuta. Non sentirono la propria fede religiosa come un impedimento alla partecipazione alla vita pubblica italiana.
Molti sono i casi emblematici che hanno dato lustro sia all’Italia che all’ebraismo che sono stati oggetto di un convegno “Medici ebrei nell’unità d’Italia” che la nostra associazione ha organizzato in collaborazione con l’università degli studi di Milano ed in CDEC a Milano nel 2011 in occasione dei festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia.
Abbiamo voluto organizzare questo convegno a Trieste perché la Grande Guerra è stata combattuta anche per liberare questo lembo d’Italia e può essere considerata la conclusione del risorgimento e l’ultima delle guerre per l’unità d’Italia.
A Trieste viveva una importante comunità ebraica che ha vissuto in prima persona il dramma dell’irredentismo da un lato e dall’altro ha portato membri della stessa famiglia a combattere in eserciti opposti.
Ringrazio per questo la disponibilità dell’Università, del Comune della comunità ebraica e del museo ebraico di Trieste che ci hanno aiutato a realizzare questo evento che speriamo abbia successo e che possa completarsi con la pubblicazione degli atti per evitare che queste vicende e dei personaggi che ricorderemo oggi grazie all’impegno e alle ricerche effettuate da tutti i relatori siano dimenticati.

Giorgio Mortara, presidente Ame

(Intervento letto in occasione del convegno “L’apporto degli ebrei all’assistenza sanitaria al fronte della Grande Guerra”)

(8 maggio 2016)