Oltremare – Beit Italia

danielafubini2Offerte per il KKL e per il Beit Italia dell’Adei-Wizo, cosí son cresciuta nel’Italia ancora molto poco colorata e di fine anni Settanta e inizio Ottanta.
Il KKL piantava alberi, questo era chiarissimo a tutti, anche a noi bambini che provavamo la buona calligrafia su quei cartoncini con il posto per il nome cui dedicare alberi e piccoli boschi. Dove esattamente non era noto, ma neanche ci importava: all’epoca Israele era quel paese caldo e secco di là del mare pieno di cugini mai conosciuti, da cui arrivavano inviati a insegnarci canzoncine in ebraico e qualche rudimento di sionismo.
Cosa facesse il Beit Italia era molto meno chiaro. Dove fosse poi, del tutto ignoto. Ma che “bait” volesse dir casa era evidente anche al più somaro degli alunni, quindi doveva trattarsi di una casa.
Ora questa casa in realtà è qualcosa a metà fra essere una scuola e un centro comunitario, e sorge oggi in un quartiere popolare di Jafo in cui è fondamentale togliere i ragazzini dalle strade dopo la scuola, e dar loro qualcosa di utile da fare, anche perché possano poi inventarsi un mestiere più avanti. Una buona quota di quei ragazzini è di origine etiope, e ha molta poca probabilità di arrivare all’università – questo ancora oggi, trent’anni dopo l’alyiah in massa. Il Beit Italia ospita corsi di computer, arte, matematica, musica e di leadership. Insegna a questi ragazzini israeliani di tutti i colori quello che la scuola non riesce ancora ad insegnare: a farsi strada nella vita, usando quel che si ha e quel che si può ottenere con lo studio.
Non so se gli scolari delle scuole ebraiche italiane di oggi scrivono ancora nomi sui cartoncini del KKL o regalano una paghetta settimanale ogni tanto al Beit Italia, ma se lo fanno farà piacere sapere che come gli alberi crescono, i ragazzini del Beit Italia imparano. Mica poco.

Daniela Fubini, Tel Aviv
twitter @d_fubini

(9 maggio 2016)