Milano – Jewish in the city, una nuova sfida
per raccontare la complessità

jewish and the city Un nome leggermente variato, Jewish in the City, uno spostamento stagionale a primavera, dal 29 al 31 maggio, e anche un tema leggermente diverso rispetto ai primi due anni, dedicati ognuno a una festività del calendario ebraico, per celebrare l’importante anniversario dei 150 anni della Comunità di Milano. C’è dunque aria di novità per il festival internazionale di cultura ebraica giunto ormai alla sua terza edizione nel capoluogo lombardo, ma lo spirito di volontà di diffusione dell’ebraismo, delle sue tradizioni, del suo pensiero e del suo messaggio universale, e di stretta collaborazione con il tessuto cittadino rimane lo stesso. Lo hanno sottolineato questa mattina il direttore scientifico di Jewish in the City Roberto Della Rocca, la co-curatrice Cristina Colli e il responsabile del progetto all’interno del Consiglio della Comunità ebraica di Milano Gadi Schoenheit, nel corso di una presentazione svoltasi alla Società Umanitaria.
Jewish in the City #150 – questo il nome scelto per distinguere questa edizione tutta particolare della rassegna – torna quindi a descrivere con successo l’ebraismo “nelle sue varie espressioni”, come ha ricordato rav Della Rocca. E lo fa a partire dalla storia della Kehillah milanese, la quale ha saputo “attingere all’esterno, all’altro da sé – le sue parole – restando tuttavia se stessa e dando sempre risposte nuove, grazie a un ebraismo che è tanto un modo vita quanto cultura”. In questo modo, essa si è caratterizzata per essere una “minoranza che lotta perché ci siano sempre culture di minoranza in città”. E il rapporto con la città è appunto al centro della storia della Comunità così come dell’impegno degli organizzatori di Jewish in the City. Il festival si svolgerà in moltissimi luoghi milanesi, tra cui sedi ormai classiche come la sinagoga centrale di via della Guastalla, la Società Umanitaria, la rotonda della Besana, il teatro Franco Parenti, ma anche la sinagoga di via Eupili, la Sala Alessi di Palazzo Marino, la Biblioteca Ambrosiana, il Memoriale della Shoah, il Mudec, la Fondazione Corriere della Sera, Eataly e l’Università Bocconi. Sedi prestigiose che aprono dunque le loro porte alla Comunità in quella che, ha evidenziato Colli, “non è una semplice concessione di una sala ma una vera e propria partnership, che mostra quanto profonda sia la collaborazione tra Jewish in the City e Milano”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche le parole di Schoenheit: “Jewish in the City è un evento culturale che permette di costruire un sistema di relazioni con la città, relazioni con il mondo politico, sociale e religioso che vanno anche al di là della manifestazione stessa”.
Il festival si aprirà il 29 maggio con un grande momento conviviale e di festa intitolato “Insieme, allo stesso tavolo”, condotto da Ferruccio De Bortoli, presidente Vidas, con i saluti iniziali dei due presidenti della Comunità di Milano Milo Hasbani e Raffaele Besso e il vicepresidente dell’Unione della Comunità Ebraiche Italiane Roberto Jarach, la musica di Enrico Fink, e le parole di rav Elia Richetti, di Rony Hamaui, autore di Ebrei a Milano. Due secoli di storia tra integrazione e discriminazione (Il Mulino, 2016), e Fiona Diwan direttrice del Bollettino. E tra spettacoli, lezioni di cucina, film e momenti di confronto, il festival ripercorrerà la storia della Kehillah, ma – il monito degli organizzatori – mantenendo sempre uno sguardo al futuro, e parlando dunque anche di innovazione e modernità, in collaborazione con varie associazioni e organizzazioni ebraiche italiane.
Tra i numerosissimi eventi della prima giornata alla Società Umanitaria si segnalano dunque quello intitolato “Cura e assistenza dal passato al presente”, in collaborazione con l’AME – Associazione Medica Ebraica, con il presidente Giorgio Mortara, anche Consigliere UCEI, i medici Andrea Finzi e Maurizio Turiel, e Olga Ceriani dei servizi sociali; “Sono io Responsabile di Mio Fratello? Storie di filantropia ebraica”, un incontro presieduto da Simone Mortara, vicepresidente dell’Associazione Hans Jonas, con i saluti di Piero Amos Nannini, presidente della Società Umanitaria, dove sempre si terrà la conferenza, e Ester Silvana Israel, presidente nazionale dell’Adei Wizo che ha curato l’incontro insieme a Hans Jonas, con il rav Igal Hazan, lo storico Andrea Bienati, il fondatore dell’organizzazione di volontari City Angels, e il filosofo Duccio Demetrio; e la posa di una targa con l’iscrizione “…I Giusti delle Nazioni avranno parte del mondo a venire…” (Toseftà Sanhedrìn, capitolo 13), fuori dalla sinagoga di via della Guastalla. Sempre il primo giorno, alla sinagoga di via della Guastalla si terranno anche l’incontro intitolato “Comunità in dialogo“, introdotto dal rabbino capo di Milano rav Alfonso Arbib, con il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni e Gabriella Caramore, saggista e autrice di Uomini e Profeti; e il confronto ”Identità e Diaspora”, presieduto da David Fargion, presidente AME, con Sergio Della Pergola, demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme, lo psicologo David Meghnagi, la storica Diana Pinto storica e la consigliera della European Union of Jewish Students Talia Bidussa.
Il secondo giorno della manifestazione si aprirà con un incontro all’Università Bocconi, su ”La Bocconi Ebraica e i suoi Rettori”, con un saluto dell’attuale rettore Andrea Sironi, una relazione Introduttiva del professore Marzio Romani, la collega Annamaria Monti, Stefano Liebman, professore all’Università Statale di Milano, e l’economista Piero Barucci. A seguire, sempre nell’ateneo, ”Imprenditoria Milanese Ebraica, 1880-1960”, condotto dal professore Franco Amatori, con un’introduzione di Rony Hamaui, professore all’Università Cattolica di Milano, Cinzia Martignone, della Bocconi, Maria Mayer Modena, dell’Associazione Amici dell’Università di Gerusalemme e del professor Giorgio Sacerdoti, anche consigliere UCEI. A seguire, alla sinagoga di via della Guastalla, “Il modello di integrazione ebraica in Italia. Il punto di vista Alachico, storico e sociologico”, un incontro con il rav Avraham Hazan, la sociologa del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Betti Guetta, lo storico Alberto Cavaglion, Paolo Foà, dell’Associazione Benè Berith Milano, che collabora all’incontro; e la presentazione del libro Venezia e il Ghetto. Cinquecento anni del “recinto degli ebrei” (Bollati Boringhieri), con l’autrice Donatella Calabi, e Guido Vitale, direttore della redazione UCEI. A seguire alla Fondazione Corriere della sera, l’incontro “Israele e l’educazione ebraica oggi”, con la direttrice del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara Simonetta Della Seta e Kenneth Stein, Presidente CIE.
Per l’ultimo giorno della rassegna, il 31 maggio, si segnala la giornata dedicata all’architettura al Memoriale della Shoah. Primo degli incontri sarà “Memoria della salvezza. Gli ebrei scampati dalla Shoah. Ricerca della Fondazione CDEC”, con Liliana Picciotto, direttrice del progetto, la ricercatrice del CDEC Chiara Ferrarotti e la testimonianza di Aurelio Ascoli, Emanuele Cohenca, David Misrachi. A seguire la presentazione del progetto del Memoriale della Shoah di Milano con gli architetti Guido Morpurgo e Annalisa de Curtis, l’incontro con l’architetto Luca Zevi sul tema dell’architettura della Memoria e infine la conferenza “Memoria come Progetto“, condotta dal giornalista e scrittore Antonio Calabrò, con Fulvio Irace, architetto e storico dell’architettura, Danilo Eccher, critico d’arte e curatore, Roberto Mordacci, preside facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, il filosofo Stefano Velotti dell’Università La Sapienza di Roma e l’architetto Mario Botta.

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(13 maggio 2016)