Qui Roma – Beautiful Israel
Riflettere sull’ambiente, un impegno per il futuro

IMG_20160526_122708Come affrontare il problema dei cambiamenti climatici e delle conseguenze che comportano, deve essere una priorità. Non solo per le istituzioni ma per tutti i cittadini, partendo da una presa di coscienza individuale e collettiva che stimoli a una riflessione su temi che avranno ricadute sull’immediato futuro. Questo il messaggio emerso fortemente nel corso del convegno svoltosi all’Università di Roma Tre con il titolo “Cambiamenti climatici: effetti sull’uomo e sull’ecosistema”, organizzata dall’Italian Council for a Beautiful Israel in collaborazione con il Laboratorio di psicologia clinica e psicanalisi applicata dell’ateneo. Un impegno che l’organizzazione ambientalista Beautiful Israel, istituita nel 1968 grazie al Ministero degli Interni israeliano per salvaguardare l’ambiente e rendere tutti i cittadini ecologicamente consapevoli, conosce fin dalla sua istituzione.
“Mentre in Italia ancora non se ne parlava e le prime organizzazioni non sarebbero esistite fino a più di vent’anni dopo, in Israele l’intuizione di Shimon Peres che le tematiche ambientali sarebbero entrate con forza nel dibattito degli anni successivi dava lo stimolo per la nascita di Beautiful Israel”, ha raccontato il presidente del suo ramo italiano Italian Council for a Beautiful Israel Emilio Nacamulli portando i suoi saluti insieme a David Meghnagi, direttore del Laboratorio di psicologia clinica e psicanalisi applicata di Roma Tre.
Meghnagi è stato anche uno degli oratori, insieme al rav Gianfranco Di Segni, ricercatore dell’Istituto di biologia cellulare e neurobologia del CNR e coordinatore del Collegio Rabbinico, al professore dell’Università di Tel Aviv Marcelo Sternberg e al consigliere dell’Italian Council for a Beautiful Israel e membro della Società Psicoanalitica Italiana Alberto Sonnino.
La riflessione sui cambiamenti climatici richiede secondo Meghnagi una “visione del futuro che implichi un cambio di sensibilità, che introduca una condivisione di valori e un ritorno ad avere un senso del limite”, come ha spiegato analizzando i rapporti tra l’ecologia e la psiche. Una visione che secondo lui manca in Italia ma esiste in Israele, ed è legata a una maggiore considerazione per le generazioni future. Del rapporto tra ebraismo ed ecologia ha invece parlato il rav Di Segni, soffermandosi tra le altre cose su un passo della Genesi che ne sintetizza il senso: “Il Signore D-o prese l’uomo e lo pose nel Giardino dell’Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”. “Non si deve pensare che la terra sia proprietà nostra – la sua spiegazione – ma che noi siamo al servizio della terra, e per questo dobbiamo coltivarla, ma anche custodirla”.
Concentrandosi sugli effetti che il clima ha sulla salute mentale – in particolare legati al rapporto tra stagionalità e disturbi clinici – Sonnino ha sottolineato che uno dei fattori più problematici è la difficoltà degli individui a confrontarsi con i temi legati all’ambiente e in particolare ai cambiamenti climatici.
“L’uomo – ha osservato – vive un conflitto tra il senso di onnipotenza alimentato dal progresso scientifico e tecnologico, che lo porta a vivere l’ambiente come un oggetto da sfruttare illimitatamente senza guardare le conseguenze, e l’impotenza di fronte a problemi che non può controllare, che affronta negandone la responsabilità e proiettando le colpe su altri ignoti spesso identificati nelle istituzioni internazionali”. Un senso di impotenza , ha poi proseguito Sternberg, le cui proporzioni sono ulteriormente aumentate dalla caratteristica principale delle ricerche sui cambiamenti climatici, e cioè l’incertezza. “Servono dati a lungo termine – ha spiegato nell’illustrare con il suo intervento la situazione legata all’ecosistema mediterraneo e semi-arido – e su vari campi, che coinvolgono le stagioni, le precipitazioni, l’innalzamento notevole del livello del mare e anche il grande settore dell’agricoltura, e cioè di tutto il cibo di cui oggi ci nutriamo”.

Francesca Matalon

(26 maggio 2016)