Qui Roma – La Semikhah di Jacov Di Segni
Un nuovo rabbino italiano

13241422_1136756416362390_4557903599072480632_n “Oggi celebriamo una grande gioia per tutto l’ebraismo italiano”. Con queste parole cariche di emozione il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ha aperto la Semikhah del rav Jacov Di Segni, la cerimonia di trasmissione dell’autorità rabbinica svoltasi ieri sera nel Tempio Maggiore. Un’occasione celebrata significativamente nel momento in cui entrava Lag Baomer, ha ricordato il rabbino capo, di cui uno dei simboli più importanti è “la resistenza, poiché ci ricorda che il popolo ebraico non si piega proprio grazie alla tenacia dei suoi maestri, che portano avanti la tradizione”. In questo modo, grazie allo studio incessante sulla cui via il neo rabbino dovrà progredire – ha aggiunto – “prosegue non solo la nostra tradizione ma la tradizione di tutto il popolo ebraico”. Una consapevolezza espressa anche dal rav Jacov Di Segni, che in un discorso pronunciato in seguito alla Semikhah ha ricordato come il Talmud sottolinei proprio nel passo in cui si parla di Lag BaOmer che “se una persona ha studiato Torah quando era giovane deve continuare tutta la vita fino alla vecchiaia, e così se uno ha avuto allievi in gioventù deve continuare ad averne per tutta la vita”. Alla festa per la sua Semikhà il rav Jacov Di Segni ha infine voluto abbinare un’altra gioia, quella del Zeved Habat, la cerimonia di benedizione e attribuzione del nome a una neonata, di sua figlia Rachel Dora Simchà.
La riflessione di Di Segni è partita dall’origine della festa di Lag BaOmer, che nel 33esimo giorno fra Pesach e Shavuot ricorda il giorno in cui cessò la malattia degli allievi di Rabbi Akiva, che li aveva colpiti perché, come spiega il Talmud, non “dimostravano rispetto l’uno per l’altro”, anche se molti parlano in relazione alla loro morte anche del coinvolgimento nella rivolta di Bar Kokhba. “Ognuno di essi voleva essere l’allievo migliore di rabbi Akiva, procurando solo litigi e inimicizie invece che un incremento dello studio. Tra loro – ha spiegato – mancò il significato vero dello studio della Torah, uno studio sempre collettivo, di gruppo, in cui si gioisce dello studio e dei progressi degli altri poiché è grazie a questo scambio che si porta avanti la tradizione”. Poi un augurio rivolto a sua figlia Rachel, espresso attraverso la lettura di una berachah che normalmente si legge all’inizio di una sessione di studio di Talmud – “che i miei compagni possano gioire di me”. “Ho scelto di leggerla oggi – ha concluso Di Segni – perché questo per me è un traguardo ma soprattutto l’inizio di un nuovo percorso”.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(26 maggio 2016)