Qui Roma – Beautiful Israel
“Ambiente, salviamolo insieme”

IMG_20160526_214752_edit Se i problemi legati all’ambiente coinvolgono e riguardano il futuro di tutti, la chiave per risolverli non può che essere la cooperazione internazionale. Questo il monito lanciato nel corso della conferenza organizzata dall’Italian Council for a Beautiful Israel in collaborazione con il Laboratorio di psicologia clinica e psicanalisi applicata dell’Università di Roma Tre, intitolata “Cambiamenti climatici: effetti sull’uomo e sull’ecosistema” e replicata ieri sera a Roma al centro comunitario di via Balbo dopo un primo incontro svoltosi la mattina presso l’ateneo. Un momento di approfondimento ma anche di dialogo tra varie realtà impegnate nella tutela dell’ambiente, rappresentate dal presidente dell’Italian Council for a Beautiful Israel Emilio Nacamulli, dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, dalla vicepresidente della Comunità Claudia Fellus, dal rappresentante dell’Ambasciata israeliana in Italia Dan Haezrachy e dal presidente della Lega Italiana Protezione Uccelli Fulvio Mamone Capria. Ad illustrare le connessioni tra i cambiamenti climatici, l’uomo e l’ambiente in cui vive sono stati invece Massimo Finzi, medico e socio fondatore dell’Italian Council for a Beautiful Israel, David Meghnagi, direttore del Laboratorio di psicologia clinica e psicanalisi applicata di Roma Tre, e Marcelo Sternberg della Tel Aviv University.
È stata la festa di Lag Baomer appena conclusa a fornire lo spunto di riflessione di partenza al rav Di Segni, il quale ha spiegato come la vicenda di Rabbi Shimon Bar Yochai ricordata nella festività dia una lezione su quale debba essere il rapporto dell’uomo con la natura. “Il Talmud racconta che dopo molto tempo passato a dedicarsi solamente alla vita spirituale, Shimon Bar Yochai avesse cominciato a disprezzare il lavoro manuale degli uomini che coltivavano la terra” le sue parole. “Un errore che causò una reazione divina, legata al fatto che non bisogna mai perdere di vista l’importanza del lavoro normale e a contatto con la natura, perché in quanto opera di Dio ogni cosa va rispettata”. Un rapporto che Israele non ha mai trascurato fin dalla sua nascita, come ha evidenziato Haezrachy, ricordando come il paese abbia sempre “cercato di ottenere il massimo dal suo territorio con le scarse risorse che poteva offrire, realizzando il sogno di Ben Gurion di far fiorire il deserto”. Questo impegno ha reso il paese leader nel campo dell’agronomia e dell’innovazione tecnologica per lo sfruttamento delle risorse idriche, come ha sottolineato anche Fellus. “In Israele la ricerca è riuscita ad avanzare da anni su temi che oggi sono venuti alla ribalta – la sua osservazione – riuscendo a risolvere problemi che in altri paesi esistono ancora”. D’accordo anche Nacamulli, il quale ha sottolineato che anche l’impegno governativo in campo ambientale è nato con Beautiful Israel già nel 1968, mentre in Italia le prime organizzazioni non sarebbero nate che più di vent’anni dopo.
Per tutte queste ragioni è stata fortemente auspicata una maggiore collaborazione tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo, che Meghnagi ha già proposto di attuare in maniera concreta, attraverso la firma di un accordo internazionale tra l’Università di Roma Tre, Beautiful Israel, l’Ambasciata israeliana e altre organizzazioni. “Sebbene le università israeliane siano leader nella ricerca in campo ambientalistico, esse sono vittime di una malvagia campagna di boicottaggio da parte delle realtà accademiche europee che è necessario fermare”, ha affermato. “Per questo – ha proseguito Meghnagi – ho già avuto l’approvazione del rettore a firmare un accordo che nel giro di due mesi potrebbe portare a una grande conferenza internazionale con esperti delle università israeliane e italiane insieme a vari rappresentanti di organizzazioni ambientalistiche per rendere finalmente la collaborazione qualcosa di reale”. Una proposta lanciata in particolare a Mamone Caprial, il quale si è immediatamente mostrato favorevole. “Quello dei cambiamenti climatici è un problema molto urgente da risolvere – il suo grido d’allarme – poiché a causa dell’innalzamento delle temperature anche solo di uno o due gradi nel 2050 potrebbero estinguersi un milione di specie e manifestarsi gravi conseguenze sull’ambiente e dunque sull’uomo”.
Una consapevolezza che secondo Finzi manca alle istituzioni, le quali non lavorano abbastanza sollecitamente per limitare dei danni sulla salute dell’uomo le cui proporzioni sono già allarmanti. Nel suo intervento, focalizzato sugli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute, il medico ha fornito vari dati, sottolineando tra l’altro come “nella popolazione generale un incremento di un solo grado di temperatura determini un aumento di mortalità del 3 percento”. E in molti casi è proprio l’uomo ad essere responsabile in prima persona, come ha osservato Sternberg nel suo intervento focalizzato sulla situazione legata all’ecosistema mediterraneo e semi-arido. I problemi dell’area, ha illustrato, “coinvolgono le stagioni, le precipitazioni, l’innalzamento notevole del livello del mare e anche il grande settore dell’agricoltura, e cioè di tutto il cibo di cui oggi ci nutriamo”.

f.m. twitter @fmatalonmoked