Qui Milano – Jewish in the City
Tra le note della cultura ebraica

Schermata 2016-06-01 alle 12.28.46 Storia, tradizione e futuro sono stati i grandi protagonisti dei tre giorni del festival culturale Jewish in the City, intrecciandosi anche con la creatività e la musica dando vita a due serate che hanno portato la cultura ebraica nel cuore artistico di Milano. Nello spettacolo intitolato “Musica immaginaria mediterranea” si sono esibiti lunedì sera, in una sala gremita, al Teatro Dal Verme il cantante Raiz con il gruppo Radicanto e il rav Pierpaolo Pinhas Punturello, responsabile degli Studi Ebraici dell’organizzazione Shavei Israel. Ieri sera si è invece svolto all’Anteo Spaziocinema lo spettacolo Silent Quartet del compositore e musicista israeliano Yuval Avital, con un concerto eseguito dal Quartetto Lyskamm composto da Cecilia Ziano e Clara Franziska Schötensasck al violino, Francesca Piccioni alla viola e Giorgio Casati al violoncello.
13312817_997113780383731_7075656332224327167_n La musica immaginaria di Raiz nasce dall’incontro con i Radicanto, con cui il cantante napoletano, voce degli Almamegretta, ha realizzato vari tour e lavori discografici. È una musica mediterranea e ricca di varie influenze, “in cui l’universo sonoro di voci che si intrecciano a ritmi cadenzati, gli echi delle corde, delle pelli e dei papiri diventano un racconto senza fine”, come hanno spiegato gli organizzatori del festival. Un mix che include cantighe sefardite, salmi, canzone napoletana, e poi fado portoghese e ritmi nordafricani, mediorientali e asiatici, in quella che il gruppo definisce una “democrazia del pentagramma” del Mediterraneo. Un mare che, ha spiegato rav Punturello conversando con il cantante, “è sentimento, gioco di sguardi, seduzioni non dette come quando Isacco e Rebecca si incontrarono la sera quando lui andava a meditare solitario nel campo”.
Un grande racconto è anche quello proposto da Yuval Avital, nella cui composizione icono-sonora la musica si intreccia in una contraddizione solo apparente con il silenzio, per narrare la storia più che mai attuale di nove migranti. È la storia di un viaggio di uomini e donne di nazionalità diverse, persone i cui volti silenziosi, grandi e in primo piano, sono proiettati con lo sguardo rivolto verso lo spettatore, tutti accomunati da un percorso di emigrazione di cui si fanno simbolo. E così la loro esperienza, rievocata attraverso la musica del quartetto d’archi, diventa un viaggio non solo geografico ma anche nella storia e nella memoria.

(Foto redazione Jewish in the City)

(1 giugno 2016)