Le parentesi (di Nabokov)

Valerio FiandraIl problema, con Nabokov, è la soluzione: in una intervista lui stesso ha dichiarato che preferiva “andare di libri che di scrittori”. L’inglese “to go by books, not by authors” è migliore, ma ci siamo capiti. Ci sono libri eccezionali di autori mediocri, e libri mediocri di autori eccezionali. Ma con lui, no: non ho trovato ancora un suo solo libro che non sia formidabile. Ovvio, ho le mie preferenze – e “Guarda Gli Arlecchini”, meno conosciuto (!) di “Lolita”, è ai primi posti.
Prendete questo suo “Una Risata nel Buio” (Adelphi, 20 euro, traduzione Franca Pece) nelle prime righe sappiamo già tutto, ci pare. Ma. Ma il resto, come scrive Calasso nel risvolto di copertina, il resto è « …molto semplicemente, la Letteratura. Ovvero, per usare un suo sinonimo corrente, Vladimir Nabokov ». Ora, diciamocelo: il patron della Adelphi ( che sta completando la pubblicazione della Opera Omnia del russo-tedesco-francese più americano che ci sia mai stato ) potrà essere un tantino apodittico, sia quando scrive le sue opere sia quando commenta quelle altrui; ma di lettere e letteratura ne sa, e se vi è antipatico non importa, conta la sostanza. E su Nabokov ha ragione.
Sappiamo davvero tutto?
Rex è quel perfido profittatore, Margot ha le sue ragioni, Albinus è solo un imbelle vittima, Otto e Paul sono solo i fratelli degeneri di Margot e Elisabeth? Ogni pagina fornisce risposte e fa domande. La storia che ci viene raccontata con piglio veloce ma con particolari definiti, la storia qual è? La solita, quella della passione punita ? O piuttosto è una storia da Operetta, dove tutto non è quello che sembra? Siamo a Berlino, o a Roma ? Siamo negli anni venti o oggi ? Ma, infine: quel che stiamo leggendo è un romanzo, è cinema, è un saggio sotto forma di racconto ? Non so dire meglio di Calasso: è la Letteratura.
Pur sapendo ‘tutto’ fin dal principio, il libro è pieno di colpi di scena, di rovesciamenti di fronte e di persone, perfino. La critica sociale – in particolare sul variopinto mondo degli artisti e dei loro lacchè – è affilata: non vi sarà difficile constatare come certi salotti sono eterni e ubiqui. Gli spostamenti di scena – dalle case alto borghesi ai bordelli e ritorno, via Costa Azzurra – sono utili a distrarre, ma la commedia sembra venga rappresentata sempre sullo stesso palcoscenico. L’anima dei protagonisti – a loro stessi oscura, per lo più – per noi lettori di Nabokov è visibile: lo sprezzante e il compassionevole si alternano, ogni dramma è anche la sua parodia. Il grottesco sferza, il crudele abbatte.
E allora? “Una Risata Nel Buio” è un dramma, è una commedia?
Eh, dipende: siete più portati al gioire o al soffrire?
Ci sono pagine nelle quali la vostra pancia ballerà, altre in cui gli occhi si inumidiranno.
Un consiglio, non richiesto lo so – ma potete benissimo non seguirlo: se, durante e alla fine della tragicommedia avete più riso o più digrignato i denti, provate a cambiare per un attimo sguardo. Se avete più riso, provate a pensare a quel che succede ai personaggi con malinconia e compassione; guardate loro con il sorriso se avete parteggiato per la catastrofe. Vi assicuro, se lo farete, una bella sorpresa. Perché Nabokov è il Re delle Parentesi.

Valerio Fiandra

(2 giugno 2016)