…locuzioni

Anche a Jewish in the City – la bella e intensa tre-giorni che si è svolta questa settimana a Milano all’insegna dei 150 anni dalla fondazione della comunità – è risuonata più di una volta una locuzione sulla quale ho richiamato diverse volte l’attenzione dei lettori. Si tratta delle due parole: “Voi ebrei”. A me personalmente dà molto fastidio, ma a quanto pare risuona diversamente nelle anime e nelle menti di altre persone che un po’ ci credono. Dal più semplice: “Ma voi ebrei quanti siete?” al più esigente: “Da voi ebrei ci aspetteremmo un comportamento etico superiore alla media”; dall’iperbolico: “Certo voi ebrei avete una marcia in più”, all’accusatorio: “Sempre voi ebrei”. La mia critica infastidita consiste nel fatto che “voi ebrei” rende tutti uguali su una particolarità che evidentemente si presume sia facilmente misurabile per essere attribuita con tanta certezza a un intero collettivo. E quindi è percepita come una peculiarità quasi fisica che omologa e omogeneizza persone che in realtà sono molto diverse fra di loro. “Voi ebrei” presume e impone una specie di monopensiero, di monocarattere, di monopsiche, di monovalore, applicabile a tutti gli appartenenti al collettivo. E quindi a priori elimina ogni possibilità di una dialettica, di un dissenso, di un pluralismo di posizioni, di idee e di scelte diverse all’interno della compagine ebraica. E facendo questo, stravolge l’essenza vera dell’ebraismo che è ricco di opzioni e di offerte, e dal suo proprio interno elabora migliaia di diverse interpretazioni di un medesimo versetto. Ma “voi ebrei” implica anche l’impossibilità assoluta di ogni possibilità di far parte a pieno titolo, di essere veramente equiparati a quel “noi” che decide le regole del gioco, governa, detiene la vera forza e determina il destino degli altri. “Voi” compresi.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(2 giugno 2016)