L’operazione del Giornale – Parola agli storici
“Mein Kampf, libro da studiare
non da vendere per profitto”

L’iniziativa del Giornale non convince affatto gli storici. Il quotidiano domani uscirà in edicola con il libro Storia del Terzo Reich di William Shirer (al costo di 11,90 euro) e allegherà in omaggio (se compri il primo hai in omaggio il secondo) il Mein Kampf di Adolf Hitler. Per il direttore del Giornale si tratta di un’operazione culturale ma questa ha tutta l’aria di essere un’iniziativa solamente commerciale. A sottolinearlo a Pagine Ebraiche, il giudizio unanime degli storici Gadi Luzzatto Voghera, Liliana Picciotto Schermata 2016-06-10 alle 15.02.43e Michele Sarfatti, voci dell’istituzione punto di riferimento in Italia per lo studio della storia dell’ebraismo moderno, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano (Cdec). Valutazione che trova d’accordo anche Giorgio Fabre, storico e giornalista, autore de Il contratto. Mussolini editore di Hitler (edizioni Dedalo), dedicato alla prima traduzione in italiano del Mein Kampf, ovvero La mia battaglia (pubblicato da Bompiani nel 1934).
“Non sono per nulla negativo sulla pubblicazione del Mein Kampf, è un testo che si deve conoscere ma deve essere inquadrato in un’analisi critica ben strutturata. Non capisco il senso dell’operazione del Giornale che mi sembra più commerciale che altro”, sottolinea Gadi Luzzatto Voghera, docente di storia nella sede di Padova della Boston University e dal prossimo settembre nuovo direttore del Cdec.
sarfatti“La questione non è essere contro o favore della pubblicazione in sé ma il fatto di trarne profitto – sottolinea l’attuale direttore del Cdec Michele Sarfatti, che ricorda come il testo emblema della propaganda antisemita di Hitler sia già reperibile in Italia sotto diverse forme – Un conto è se i ricavi di questa operazione verrano destinati a finanziare ad esempio chi studia la Shoah e il nazismo o enti che commemorano la tragedia e combattono l’antisemitismo, un altro è se i soldi saranno usati per le casse del Giornale. Il punto è che non ci si può guadagnare sopra”.

Schermata 2016-06-10 alle 15.02.32In Germania, ricordano gli storici, è uscita nel gennaio scorso un’edizione critica del Mein Kampf dell’Institut für Zeitgeschichte (l’istituto di storia contemporanea) di Monaco di Baviera: si tratta della prima ristampa in suolo tedesco del testo di Hitler, a 70 anni dalla morte del dittatore (la pubblicazione è stata possibile perché, passati i 70 anni, sono scaduti i diritti di proprietà intellettuali sul libro) e il progetto editoriale è composto da due volumi cartacei di 2000 pagine in tutto e con più di 3500 note accademiche. “L’ Institut für Zeitgeschichte è un’istituzione molto seria, di cui ci fidiamo ciecamente. Hanno fatto un lavoro immenso – ha spiegato Liliana Picciotto, responsabile di ricerca del Cdec e Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – Non possiamo dire la stessa cosa di quanto sta facendo il Giornale, un’operazione che disturba, che appare come la pubblicazione di un libello nazional popolare e di cui non si vede il senso culturale. Sarebbe meglio non parlarne e non dare pubblicità alla cosa”, la critica di Picciotto, che con amarezza prevede un possibile successo per l’operazione del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti: “venderà ma nessuno lo leggerà veramente. Sarà per lo più comprato per il gusto di esibirlo nella propria biblioteca”.

Schermata 2016-06-10 alle 15.02.53Critica anche la posizione di Giorgio Fabre: “ho cercato di recuperare una copia dell’edizione dell’Institut für Zeitgeschichte ma in Italia non è arrivata e in Germania è introvabile. E non credo proprio che lo sia perché è finita nelle mani di nostalgici. I nostalgici non si comprano un testo di duemila pagine pieno di note. Il lavoro degli storici di Monaco è durato anni e garantisce serietà, cosa che non fa la critica di Francesco Perfetti (storico che ha curato la critica appunto dell’edizione del Mein Kampf che andrà domani in edicola) e l’iniziativa del Giornale nel suo complesso”. Nel suo Il contratto. Mussolini editore di Hitler Fabre racconta come arrivò in Italia il testo de La mia battaglia: fu Benito Mussolini nel 1933 a comprare i diritti dello scritto di Hitler (pubblicato in Germania in due volumi nel 1925 e 1926) spiega lo storico, in quella che fu un’operazione politica e di finanziamento a vantaggio del dittatore nazista. “Mussolini darà a Bompiani il compito di pubblicare il libro e il primo volume uscirà nel 1934 con traduzione di Angelo Treves, ebreo originario di Vercelli nonché uno dei migliori traduttori dal tedesco. Di lui si sa poco, è stato seppellito nel cimitero ebraico di Vercelli nel 1942 e nell’edizione completa del Mein Kampf pubblicata da Bompiani il suo nome verrà rimosso”. Furono 15 le edizioni stampate da Bompiani in Italia de La mia battaglia. “Non sappiamo quante copie effettivamente siano state vendute”, spiega Fabri che poi ricorda le parole pronunciate da Mussolini riguardo al libro manifesto dell’antisemitismo di Hitler: “È possibile che sia riservato al Mein Kampf il destino di molti altri libri più o meno famosi. Tutti ne parlano. Nessuno li legge”.
“Per entrare nel merito – spiega Picciotto – ne La mia battaglia non si trova un programma politico definito di Hitler ma ci sono i concetti fondamentali del suo antisemitismo: da una parte la sua idea di introdurre un ‘antisemitismo della ragione’, diverso dai pogrom, che lui definiva ‘sentimentali’; dall’altra l’idea di dover allontanare gli ebrei dal popolo tedesco. Non si dice come, ma è già chiara la sua visione del mondo, ci sono già i presupposti della guerra e dell’assassinio, la promozione della brutalità e della violenza. Quello che sconvolge è come questa propaganda sia riuscita ad attecchire, come sia riuscito Hitler ad avere milioni di seguaci”. E su questo concetto si basa il progetto dell’istituto di Monaco, spiega Sarfatti, “tre anni di lavoro che servono a capire non tanto cosa è derivato dal Mein Kampf ma Da cosa è derivato, quali sono le sue radici, perché solo studiandole si può comprendere come cambiarle. Un critica moralistica lascia il tempo che trova”. “Quello che rimane è l’interrogativo del perché il Giornale faccia questa operazione – si chiede Gadi Luzzatto Voghera – Il testo si riesce già a rintracciare facilmente su internet. Quello che servirebbe è una contestualizzazione”.

Daniel Reichel

(10 giugno 2016)