Violenza omicida,
Londra si ferma
Tre proiettili e sei pugnalate: così in Inghilterra un fanatico di destra ha ucciso la deputata laburista Jo Cox, 41 anni e due figli, schierata contro la Brexit. Il barbaro assassinio e i nuovi venti dell’estremismo che soffia sull’Europa aprono oggi le pagine di tutti i giornali. L’Inghilterra si interroga e si ferma. Compresi i favorevoli alla Brexit che, spiega il Corriere, “hanno interrotto ogni attività”. Boris Johnson, ex sindaco di Londra e uomo forte della campagna per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, ha definito la notizia della sparatoria “terribile”. Commosso anche il premier Matteo Renzi: “Come padre prima che come politico piango sconvolto Jo Cox. Con tutti gli italiani abbraccio la sua famiglia. L’odio non potrà vincere, mai”.
Su Repubblica, Fabio Scuto racconta la corruzione imperante a Ramallah e la sempre più scarsa credibilità di Abu Mazen. “Soffocata dalla corruzione – si legge – abbandonata a se stessa nelle sue speranze di negoziati, dilaniata dalle divisioni interne, l’Anp affonda rapidamente. Il domani appare assai incerto, al punto da preoccupare seriamente anche i Paesi arabi da sempre vicini ai palestinesi come l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Giordania”.
“L’ultimo sondaggio in Cisgiordania – scrive ancora – dice che per 2 palestinesi su 3 Abu Mazen dovrebbe dimettersi, il 95,5% considera l’Amministrazione profondamente corrotta e deve essere mandata a casa. Ma non si vota, per le divisioni fra Gaza amministrata da Hamas e la Cisgiordania gestita da Fatah, non c’è un delfino e il ‘dopo’ sarà una lotta a coltello”.
Su La Stampa, Alberto Mattioli analizza i principali motivi di scontro tra i due candidati alle elezioni amministrative milanesi. Il titolo è per Sumaya Abdel Qader, musulmana, responsabile culturale del Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, candidata Pd, “ben piazzata come preferenze e quindi consigliera in caso di vittoria di Sala”. A far discutere sono in particolare i veementi attacchi contro Israele postati dal marito e dalla madre su Facebook. Su di lei, Parisi fa sapere di nutrire fortissimi sospetti: “II problema è molto grande perché il Caim ha rapporti con i Fratelli musulmani” e “c’è un evidente orientamento del Pd a loro favore”. Sala ribatte che sostiene sempre Sumaya, “a sua volta minacciata dai fondamentalisti” ed “elemento di dialogo con gli islamici”. Anche se condanna le sparate anti-Israele dei suoi cari.
Si inaugura oggi a Palazzo Ducale la mostra “Venezia, gli Ebrei e l’Europa 1516-2016” curata da Donatella Calabi, uno degli eventi più significativi del Cinquecentenario del Ghetto della città lagunare. “Venezia, città cosmopolita già nel XVI secolo – scrive Francesca Pini sul Corriere Sette – aveva accolto al proprio interno varie comunità straniere: tedeschi, greci, albanesi, persiani, turchi. Ma sentì la precisa esigenza politica d’isolare gli ebrei, nonostante essi potessero commerciare (con botteghe a Rialto) ed esercitare il prestito su pegno”. Denaro prezioso il loro, per una Serenissima che, da grande potenza che era, versava nel primo decennio del Cinquecento in difficoltà finanziarie e politiche “dopo le vicende belliche che l’avevano contrapposta alle forze della Lega di Cambrai, come ben evidenzia Calabi”.
Sempre sul settimanale del Corriere, Stefano Jesurum riflette sull’ultima emozionante prova di Wlodek Goldkorn: Il bambino nella neve (ed. Feltrinelli). Una lettura che, ammette, lo ha “scombussolato”. Perché, come scrive l’autore, “la memoria è solo il nulla su cui cerchiamo di strutturare la nostra identità. Ed è un bene che sia così. Altrimenti non avrei potuto vivere e amare le persone vive”.
Goldkorn firma a sua volta una recensione sull’Espresso al primo romanzo di Israel Joshua Singer, uscito nel 1927 a Vilnius con il titolo Accaio e ferro e oggi ripubblicato da Adelphi come Acciaio contro acciaio con la traduzione di Linda Callow. All’epoca, spiega Goldkorn, “il libro fu stroncato da molti critici, tanto che l’autore pensò di abbandonare la letteratura per dedicarsi solo al giornalismo”. Adesso per fortuna i lettori italiani potranno ancora una volta ammirare “la trascinante prosa del fratello maggiore, e più bravo, del premio Nobel Isaac Bashevis Singer”.
È Claudio Magris ad aggiudicarsi per il 2016 il Kafka Prize, andato in passato a intellettuali come Philip Roth, Elfriede Jelinek, Harold Pinter, Amos Oz ed Eduardo Mendoza. Un riconoscimento che premia l’intero lavoro di un autore, scrive il Corriere (Ida Bozzi), “la cui opera di eccezionale valore racconti ai lettori anche della sua origine, nazionalità e cultura, come quella Franz Kafka”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(17 giugno 2016)