…maschere

Sono tante le letture che si sono date di questa tornata elettorale. A me pare la conferma di un processo comune a tutti i Paesi europei, in cui ci si sta affidando a slogan urlati, che non hanno alcuno sbocco politico. Un processo grave e molto sottovalutato, che in passato è stato foriero delle peggiori tragedie. Il risultato non è certo un caso, ma figlio di un processo di cosmesi elettorale volto a rassicurare un elettorato ormai spappolato e incapace anche della minima coscienza critica. In Italia, come ovunque, questi pseudo partiti e movimenti sono riusciti nell’incredibile operazione di trasformare le elezioni in un referendum su di loro, proponendosi come unica alternativa ad un sistema corrotto. Adesso manca un ultimo passettino, apparire moderati per rosicchiare quel 2-3% mancante e prendersi il governo. E pare che, con mia immensa incredulità, questa operazione da quattro soldi funzioni: ieri parlavo con dei giovani studenti universitari, che mi dicevano quanto Luigi Di Maio appaia una brava persona e quanto sia molto più razionale di Grillo. Ed io a spiegar loro che apposta lo hanno scelto. Ma, avete visto il vice della Le Pen, omosessuale dichiarato e quasi “liberal”? Poi, se si guardano le strutture di questi partiti sono sempre uguali: ultraverticistiche, familistiche ed autoritarie. Oggi Romano Prodi su Repubblica a domanda su queste forze politiche: “Hanno risposte emotive e confuse, semplici motti specifici su angosce specifiche, via gli immigrati, punire le banche, ma neanche una riga che spieghi come potrebbero fare. Ma il loro vantaggio è un altro: sanno adattarsi alle paure. Questi movimenti nascono in genere molto di parte, orientati, partigiani. Hanno un certo successo poi si fermano, perché le loro soluzioni mostrano un limite ideologico. E allora si allargano da destra a sinistra e da sinistra a destra. Marine Le Pen è stata la prima a capire i limiti di un populismo di parte, e ha “ucciso il padre”. In quel momento è diventata una potenziale presidente della Repubblica francese. In Italia sta succedendo la stessa cosa”.

Davide Assael, ricercatore

(22 giugno 2016)