RiMEIScolando – Grazie Daniela

simonetta della setaPrima visita da direttore del MEIS a un’istituzione culturale dell’Italia ebraica. Il Museo ebraico di Roma. Non potevo che partire da qui, per rendere omaggio a Daniela Di Castro – benedetta sia sempre la Sua memoria – la quale non solo ha fatto rinascere questo luogo di nuova vita, restandone direttrice fino alla sua morte prematura nel 2010, ma ha dato impulso al concetto di Italia ebraica con contributi costanti di idee e professionalità, nonché con la curatela della Mostra dallo stesso titolo organizzata in Israele. Grazie Daniela. Un ringraziamento profondo, professionale e personale.
Ma ragioni per partire da qui sono anche altre. Il Museo ebraico di Roma è un luogo estremamente vivo ed importante della identità ebraica italiana. Basta accedervi per capirlo. E trovarlo costantemente affollato di turisti e visitatori. Quasi 70 mila presenze l’anno: un record per un Museo comunitario, allestito nei pur belli e rinnovati scantinati del Tempio maggiore di Roma. Un numero che l’attuale direttore Alessandra Di Castro ambisce a superare presto. Oltre ai limiti di uno spazio che purtroppo non può essere allargato, ma con la forza stessa della collocazione, nel cuore della Roma ebraica, e quella della professionalità, si percepisce che il Museo ebraico di Roma è destinato a crescere ancora nella sua visibilità e nel suo impatto sul grande pubblico, ebraico e non.
Ad accogliermi c’è tutta la squadra: oltre al direttore, l’assessore Gianni Ascarelli, la curatrice Olga Melasecchi, la responsabile dello shop Grazia Sonnino, l’addetta alla comunicazione Irit Levy, la consulente storica Serena Di Nepi (Università di Roma La Sapienza) e infine una delle guide più autorevoli del Museo, curatrice di molte delle sue mostre temporanee, Lia Toaff, fiera nipote del rav Elio Toaff z”l. Mentre visito le prime sale, entra perfino il sofer, il sapiente scriba della Comunità di Roma, Amedeo Spagnoletto, immediatamente circondato da una folla di visitatori che lo inonda di domande.
Mi impressiona, come ogni volta, la sala dei tessuti destinati a coprire ed abbellire gli oggetti rituali: tende per il Tabernacolo, coperture per i Rotoli della Torah, arredi per le sinagoghe. Manufatti così magnificenti, seppur creati dalle donne ebree chiuse nel ghetto da stoffe di seconda mano, perché solo quelle potevano possedere ed eventualmente acquistare. Mi sembra di ascoltare la voce di Daniela Di Castro parlare con fierezza di questa collezione davvero unica nel suo genere e spiegare i motivi per i quali aveva deciso di aprirci il percorso museale.
Da allora il Museo si è arricchito, oltre che di nuovi oggetti, di un affascinante cubo multimediale attraverso il quale si può visitare l’antico ghetto e di molti altri filmati che spiegano la vita della più antica comunità ebraica dell’occidente.
I visitatori rimangono affascinati da un ebraismo ricco di valori e di storia ed ancora carico di energia vitale, progettazione, identità culturale, partecipazione comunitaria, discussione, sguardo ai sui giovani e al futuro. Con questo benvenuto, che dalla presenza più antica ci porta al nostro presente, riparto per continuare il mio lungo viaggio attraverso l’Italia degli ebrei. Ho così tanto da imparare.

Simonetta Della Seta, direttore Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah

(22 giugno 2016)