In ascolto
Summertime
Forse il tempo non è dei migliori, ma almeno ufficialmente è iniziata l’estate. “Summertime, and the livin’ is easy; fish are jumping and the cotton is high…”. Era il 1935 e a Broadway andava in scena Porgy and Bess, musical firmato da George Gershwin e DuBose Heywood. Qua e là, in diversi punti, ritornava la malinconia di Summertime, un brano che in questi 80 anni ha avuto oltre 30.000 cover, un vero record. Di certo i due autori non avrebbero mai immaginato tanto successo.
Summertime è la classica espressione di una tradizione che aveva avuto inizio qualche anno prima con il musical Showboat di Jerome Kern e Oscar Hammerstein II, in cui si sperimentava la fusione tra le diverse espressioni della musica afroamericana (jazz, ragtime, spiritual) e lo stile europeo, esperimento che peraltro aveva già condotto lo stesso Gershwin nel 1922, in modo un po’ defilato, con la sua jazz opera Blue Monday, dando vita a un genere nuovo e originale.
Tutti si sono cimentati con l’esecuzione di Summertime, ciascuno secondo il proprio background e il proprio stile: la voce storica del gospel Mahalia Jackson ha registrato una versione in cui unisce il brano al celebre spiritual “Sometimes I feel like a motherless child”, Billie Holiday la sentiva jazz e l’ha interpretata con il suo carattere inconfondibile e unico e se Ella Fitgerald e Louis Armstrong scelsero lo stile classico della grande orchestra, Billy Stewart scalò le classifiche in Inghilterra con la sua versione R&B tipicamente anni 60.
Sta di fatto che questa ninna nanna che ha le sonorità e la scala pentatonica, tipiche della musica afroamericana di ogni tempo e contiene l’immaginario dei campi di cotone e degli schiavi lungo il Mississipi, secondo alcuni critici avrebbe in realtà origine in una ninna nanna ucraina in yiddish.
E così non è mancato chi ha fatto il percorso al contrario, ovvero c’è chi ha trasformato Summertime in Zumertsayt. Nel 2005 Lee Colbert, nata Leonor Ivy Goldberg a New York, da genitori ebrei immigrati dall’Est Europa e cresciuta tra Stati Uniti e Argentina, l’ha incisa e scelta come titolo per il suo album di canzoni yiddish e americane.
E oggi ascoltiamo Summertime – Zumertsayt, con i suoni dello yiddish e l’atmosfera dei jazz club. Di campi di cotone e ninna nanna non c’è più neppure l’ombra, ma come ogni grande canzone anche Summertime si comporta da camaleonte e non sa stare entro limiti definiti.
Consiglio d’ascolto:
Maria Teresa Milano
(23 giugno 2016)