Dall’Australia a Tel Aviv, la moda dello stivale

Schermata 2016-06-26 alle 11.17.27Cosa hanno in comune un contadino che lavora nella fattoria di un kibbuz e una diciottenne che frequenta la vita glitterata di Tel Aviv? È una domanda difficile, ma partendo dal presupposto che ‘assolutamente niente di niente’ non può essere quella giusta, la risposta è il fatto che entrambi indossano un paio di Blundstones, un paio di stivaletti di pelle alti fino alla caviglia, con due elasticoni laterali e due linguette di tessuto per calzarli meglio. Nati, come è facile intuire, più per i contadini che per le teenager, arrivano dalla lontana Australia ma in Israele sono il fenomeno fashion del momento, con un cittadino su 15 ad averne acquistato un paio nel 2015. Come sia avvenuto rimane ancora in parte un mistero, ma di sicuro ha aiutato l’intuizione di Amos Horowitz, un distributore cinematografico che aveva deciso di cambiare carriera e nel 1999, dopo averli visti indossati da un suo vicino di casa di ritorno da un viaggio, ha deciso di importare i Blundstones in Israele. E per capire quanto valide siano le sue intuizioni, basti pensare che è sempre lui ad aver importato per primo anche le Crocs, le ciabatte di gomma colorata e bucherellata della cui eleganza di cui si può essergli grati o meno, ma sicuramente nel bene o nel male tutti conoscono.
“Israele è passato dall’essere un mercato importante a un vero e proprio fenomeno nel giro di circa tre anni”, ha detto al Times of Israel l’amministratore delegato di Blundstones Steve Gunn. “Un cambiamento sicuramente legato alla bravura dei nostri partner nella distribuzione – ha osservato – ma in gran parte anche dettato dal fatto che le persone stesse hanno deciso che questo è quello che desiderano indossare”. Quando da Israele Horowitz è arrivato nei suoi uffici nel bel mezzo della Tanzania, nessuno aveva mai pensato al piccolo Israele come mercato per gli stivaletti. Quando, dopo aver convinto Gunn grazie alla sua irrefrenabile energia, li ha portati in patria per la prima volta, non è difficile immaginare che siano stati i lavoratori di kibbuz e moshav i primi a diventarne affezionati clienti, ma presto le cose sono cambiate. Quando Gunn ha visitato Israele nel 2002, ha ricordato, “ho trovato che Horowitz avesse un bacino ragionevole di clienti, dal momento che vendeva circa 10 mila stivali all’anno in un paese relativamente piccolo, e pensando che non avrei potuto fare di meglio in quello specifico mercato, ero contento così”. Solo che poi, inaspettatamente, è esploso, con decine di migliaia di paia di stivaletti venduti ogni anno. E così, in una visita più recente, Gunn ha raccontato di essere stato “colto alla sprovvista dalla quantità di Blundstones che vedevo ai piedi della gente”. A colpirlo in particolare, ha proseguito, “le età e gli usi, dai bambini agli adulti, dalle ragazze giovani che li indossavano con la gonna ai lavoratori che ci camminavano nel fango. Persino turisti li portavano, chiaramente dopo averli comprati in Israele”.
Secondo Renana Peres, ricercatrice della School of Business Administration all’Università Ebraica di Gerusalemme, tutto questo successo non è tutto sommato così sorprendente. “Gli israeliani – ha osservato – sono persone inclini all’innovazione, e a cui piace essere i primi ad avere ogni cosa nuova. Amano anche viaggiare e comprare, e il loro essere un popolo molto coeso fa sì che il fenomeno Blundstones, che in fondo sono scarpe comode e non particolarmente brutte, sia una conseguenza non troppo stupefacente”. Era avvenuto lo stesso con le Crocs, e si tratta secondo Peres di “una magica combinazione di fattori”. E del resto è quello che dice anche Michael Horowitz, fratello di Amos nonché suo socio in affari, il quale ha sottolineato come “le cose succedono perché bisogna essere pronti a farle succedere”. I due non hanno strategie di marketing di alcun tipo né si avvalgono del potere di internet, tutto si basa sull’individuazione di un’esigenza e sul conseguente passaparola. “Trovare il mercato giusto al momento giusto – le sue parole – richiede tanto, tanto lavoro sul campo e la rapidità di importare il prodotto nell’immediato”.
Per quanto riguarda le previsioni sul fenomeno Blundstones in Israele, dopo l’esplosione Gunn si è detto pronto a ogni cosa. “Ho avuto una conversazione con Horowitz circa un anno e mezzo fa in cui eravamo giunti alla conclusione di non poter espandere il mercato più com’era all’epoca – ha ricordato – ma alla fine da allora è raddoppiato”. Di sicuro l’amore israeliano per i mitici stivaletti ha anche influenzato alcuni cambiamenti di stile dell’azienda. Poiché vengono preferiti i colori più chiari agli originali neri e marrone testa di moro, ad esempio c’è stato un passaggio a toni di marrone più chiaro, che almeno sono più estivi, adatti alle temperature calde del paese. Non saranno sandali, ma per quello restano sempre le Crocs.

Francesca Matalon

(26 giugno 2016)