Unione delle Comunità Ebraiche,
Noemi Di Segni alla presidenza

rassegnaGrande spazio e attenzione sui media nazionali per l’elezione ieri a Roma di Noemi Di Segni, nuovo presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (clicca qui per leggere il suo discorso). La notizia della nomina da parte del Consiglio UCEI di Di Segni, nata a Gerusalemme e romana d’adozione, alla guida dell’ebraismo italiano è stata subito rilanciata online dai principali quotidiani italiani (La Stampa e Repubblica) e poi ripresa oggi sulla carta stampata (tra gli altri, Repubblica, La Stampa, Unità). Sul Corriere della Sera di oggi, Paolo Conti spiega che la sua nomina “conferma una linea moderata e improntata al dialogo” dell’Unione. Assessore al Bilancio nel precedente Consiglio UCEI, Di Segni succede all’avvocato Renzo Gattegna. In un’ampia intervista rilasciata al Messaggero, il nuovo presidente spiega come tra le sue priorità ci siano l’unità e la sicurezza del mondo ebraico italiano. “All’interno – afferma Di Segni – è necessario dare un messaggio di unità, l’ebraismo italiano è frastagliato, le comunità sono 21, ma oltre alle maggiori di Roma e Milano ne esistono altre 19 con le quali bisogna definire nuovi modelli di networking per gestire in sinergia i servizi comunitari. I finanziamenti dell’otto per mille andranno rafforzati. Ma bisogna anche affrontare il tema dell’identità ebraica, con la formazione religiosa, la scuola, la socializzazione”. Sul fronte delle minacce esterne, in un momento storico in cui il terrorismo è sempre più una minaccia globale, il nuovo presidente sottolinea come sia necessario “sviluppare una strategia vincente per difendere le nostre comunità da un antisemitismo che diventa sempre più aggressivo e subdolo. Ma la sicurezza va gestita informando e senza generare panico. Di concerto naturalmente con le forze dell’ordine e l’intelligence”. Rispetto al suo rapporto con Israele, spiega di esserci vissuta fino ai vent’anni e di avere fatto lì il servizio militare. “Come comunità siamo al fianco dello Stato di Israele. Sappiamo come la sua sopravvivenza rappresenti una garanzia per l’esistenza, e aggiungerei oggi resistenza, dell’intera compagine europea. Continueremo a difenderlo come luogo di eccellenza nello sviluppo etico, scientifico, tecnologico e sociale, unico nel Mediterraneo”. Rispetto poi al suo predecessore, Renzo Gattegna, Di Segni spiega di considerarlo “un esempio di presidenza da seguire, da lui ho imparato moltissimo, soprattutto l’ascolto e il rispetto delle persone”.

Da Dacca a Bagdad, le stragi del terrorismo islamista. In Bangladesh si terranno oggi i funerali di Stato per le vittime dell’attentato compiuto da terroristi dell’Isis in un ristorante di Dacca. Tra le 28 persone uccise, nove italiani, per cui in Italia, racconta Repubblica, si valuta se dichiarare il lutto nazionale. Su La Stampa e Repubblica, la terribile testimonianza di Gianni Boschetti, sopravvissuto al massacro al ristorante dove però è stata assassinata la moglie. Del profilo degli assassini parla invece di ragazzi benestanti: “ricchi, belli e colti. Il Bangladesh scopre i volti del terrore”, titola La Stampa, parlando dei terroristi affascinati dall’ideologia di morte dell’Isis. E il terrorismo del movimento islamista nelle scorse ore è tornato a colpire: un Camion bomba è esploso a Bagdad nel quartiere dei negozi frequentato dalle famiglie. 126 morti e almeno 25 erano minori (Corriere della Sera).

Il patto della Rete contro il terrore. Palazzo Chigi si mobilita e chiede l’intervento dei giganti della Rete per bloccare la propaganda online della Jihad. “Nella storia del ‘900 – afferma una fonte di Palazzo Chigi a Repubblica – abbiamo conosciuto un periodo buio della ragione, un cortocircuito dell’umanità che ha portato all’Olocausto. Quella follia si è alimentata della propaganda. Che non a caso era l’ossessione del Terzo Reich. Oggi, ora, quelle immagini di un’umanità letteralmente sventrata, di corpi eviscerati, riversi nel loro sangue e nei loro liquidi biologici, quella minaccia di uccidere nei sogni, le une e le altre affidate alla Rete in tempo reale, ci dicono che siamo di fronte alla stessa sfida. In gioco sono il racconto del Terrore e la sua forza contagiosa”.

Cosa fu l’operazione Entebbe. Quarant’anni fa, tra il 3 e il 4 luglio del 1974, nell’aeroporto ugandese di Entebbe, l’esercito israeliano riuscì a liberare, in un’operazione entrata nella storia del Paese, decine di ostaggi in mano a terroristi, in parte palestinesi in parte tedeschi, che avevano dirottato un aereo. La Stampa, riportando le testimonianze di alcuni dei protagonisti di allora, ricostruisce oggi la vicenda.

Dopo Wiesel, dopo i Testimoni. Sul Mattino Titti Marrone riflette sul futuro della Memoria a partire dalla scomparsa sabato sera di una delle sue voci più preziose, Elie Wiesel. “Che succederà quando non ci sarà più qualcuno a raccontare di aver vissuto sulla propria pelle e visto con i propri occhi l’orrore della Shoah? Se lo è chiesto David Bidussa in un bel libro di qualche anno fa intitolato Dopo l’ultimo testimone (Einaudi 2009). – ricorda Marrone – E ora, dopo la morte di Elie Wiesel, vien da pensare che ci siamo quasi. Che con la fine dello scrittore e premio Nobel per la pace scomparso l’altra notte a 87 anni, con lo spegnersi della sua memoria diretta, vibrante e intensa ma sempre pacata, si fanno sempre più sparute e rare le voci in grado di raccontare e testimoniare l’Olocausto”.

Addio a Marina Jarre. “È mancata ieri a Torino la scrittrice e drammaturga Marina Jarre, nata a Riga in Lettonia nel 1925 da padre ebreo lettone (il suo cognome da nubile era Gersoni) e madre valdese italiana. Arrivata a dieci anni in Italia con la sorella a Torre Pellice, nel Torinese, in seguito alla separazione dei suoi, e allontanatasi dal crogiuolo di lingue di Riga, in cui si intrecciavano lettone, tedesco, russo, polacco e svedese, Jarre imparò l’italiano a scuola e lo usò per scrivere” (Corriere). Da qui, la sua carriera di narratrice in cui raccontò l’epopea dei valdesi (La Stampa).

Daniel Reichel twitter @dreichelmoked

(4 luglio 2016)