A confronto con l’esperta americana
“Le Nazioni Unite e Israele,
un freno ai doppi standard”

p7041634 Fondato negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale, l’Onu è nato con la missione di diventare un faro per i valori morali, un pilastro per assicurare la pace internazionale e la sicurezza fondamentali per la dignità umana e il rispetto reciproco. Ma è sempre così? Anne Bayefsky, direttrice del Touro College Institute on Human Rights and the Holocaust e presidente dell’osservatorio Human Rights Voices, ha raccontato ieri, nel corso di un incontro svoltosi nella sede dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e coordinato da Fabiana Di Porto, ex Consigliere UCEI, neo membro del Collegio dei Probiviri dell’ente, la sua esperienza trentennale di lavoro nelle sue istituzioni, durante i quali si è concentrata in particolare sulla difesa di Israele e sulle battaglie per garantire maggiore equità nel giudicarlo.
“In tanti anni passati a lavorare nel campo dei diritti umani, mi sono sempre più resa conto che per qualche ragione sono uguali per tutti, tranne gli ebrei e in particolare Israele”, ha spiegato. “Di certo si tratta di un’anomalia, ma è anche un problema nella misura in cui l’esistenza di un doppio standard mina anche la legittimità delle Nazioni Unite nel loro complesso”.
Per Bayefsky, “è tutta una questione di numeri”. E sono molti quelli da lei forniti, come ad esempio il fatto che nell’ordine del giorno del Consiglio per i diritti umani dell’Onu che si riunisce a Ginevra, Israele sia l’unico paese ad avere un punto completamente dedicato a mettere in rilievo le possibili violazioni. Ma a parlare è anche il numero di risoluzioni adottate, corrispondente a un terzo del totale esclusivamente riguardante lo Stato ebraico. “A costituire un’ingiustizia e innescare un ciclo di delegittimazione – ha quindi aggiunto – vi è anche il fatto paradossale che a sedere negli organi delle Nazioni Unite e a giudicare Israele proprio sui diritti umani sono paesi che non sono democratici, spesso addirittura regimi totalitari e non liberi, come la Siria, il Sudan, la Cina o l’Iran”. Gli Stati membri che Bayefsky ha definito “non completamente liberi” sono, ha riportato, circa il 62 percento del totale, e molti dei loro rappresentanti, ha sottolineato, ricoprono addirittura cariche importanti.
A fermare questo circolo vizioso dovrebbe essere una forte e inequivocabile presa di posizione delle democrazie europee e americane, che tuttavia per paura di alterare delicati equilibri internazionali non parlano forte e chiaro, chiudendo un occhio di fronte allo squilibrio. Come contrastare questo fenomeno? “L’esistenza dell’Onu è l’unico modo di garantire i diritti umani nel mondo e la partecipazione di tutti gli Stati occidentali ne è condizione necessaria, e per questa ragione non è possibile auspicare che si tirino indietro”, ha risposto Bayefsky. “È invece possibile fare leva sulla connessione con i valori della democrazia, che li accomuna con Israele, e sulla capacità di garantirli in tutti gli Stati che si definiscono liberi”.

(5 giugno 2016)