Francia – Il rapporto sugli attentati del 2015
Da Charlie Hebdo al Bataclan,
le stragi si potevano evitare
Gli attentati dello scorso anno alla redazione di Charlie Hebdo, all’Hypercacher di Porte de Vincennes, e poi più tardi quelli al Bataclan e allo Stade de France hanno segnato profondamente la vita della Francia e dell’Europa, facendo sì che governi e cittadini si ponessero molte domande sul futuro del continente. Tra queste, le centinaia di vittime compiante da amici, famigliari e dal mondo intero, hanno portato molti a chiedersi incessantemente: avrebbero potuto questi attentati essere evitati? E oggi a quell’interrogativo arriva una risposta, e non è confortante: sì, avrebbero potuto essere evitati. A svelarlo è il rapporto dell’inchiesta parlamentare che ha indagato sui quattro attacchi terroristici, presentato nei giorni scorsi all’Assemblée Nationale, il parlamento francese, dal capo della commissione Georges Fenech (deputato del partito Les Républicains) e dal relatore Sébastien Pietrasanta (deputato del Partito Socialista). Sei mesi di lavoro, con 190 interviste e 200 ore di udienze, ricognizioni sui luoghi delle tragedie e viaggi in vari paesi esteri tra cui Stati Uniti, Israele, Grecia e Turchia, hanno portato a stilare un documento di trecento pagine, contenente una dettagliata cronologia degli eventi, ma soprattutto un piano d’azione costituito da quaranta raccomandazioni, che sono state approvate e adottate martedì dalla camera di governo, riguardanti varie tematiche, dai servizi di intelligence, alla politica in campo penale, alle pratiche di primo soccorso. In sostanza, esse sottolineano le falle nella sicurezza e la necessità di riforme, urgenti e profonde, nella lotta contro il terrorismo in Francia.
“Siamo arrivati a Washington per un incontro con gli agenti dell’intelligence statunitense proprio il giorno dell’attentato a Orlando, e nonostante tutte le misure che gli americani hanno preso dopo l’11 settembre, alle quali del resto noi stessi ci ispiriamo, nessuno ancora si può dire completamente al sicuro”, ha raccontato Fenech in un’intervista al canale radiofonico Europe 1. “È chiaro che il rischio zero non può esistere – ha osservato – ma è altrettanto chiaro che gli attentati dello scorso anno in Francia avrebbero potuto essere evitati. Ce lo hanno detto con onestà anche i loro vertici: è stato un fallimento dei servizi segreti francesi. E dunque dobbiamo chiederci: cosa facciamo ora, continuiamo sulla vecchia strada degli anni Ottanta, con la quale il terrorismo non ha nulla a che fare, oppure ci decidiamo ad andare contro le vecchie culture, le abitudini e gli interessi e a rimettere a nuovo i nostri sistemi come hanno fatto gli americani?”. E rimettere a nuovo è proprio quello che è stato fatto, e le riforme più grandi attendono dunque proprio i servizi segreti con cambiamenti a livello strutturale.
Le tragedie del 2015 avrebbero infatti secondo Fenech potuto essere scampate in virtù del fatto che i loro autori erano conosciuti ai servizi segreti, sia i fratelli Kouachi, sia Amedy Coulibaly, sia i tre terroristi del Bataclan. “Alcuni di loro – ha spiegato il deputato – erano addirittura sotto controllo giudiziario, ma questo non ha impedito loro di uscire dalla Francia e di andare in Siria, mentre altri erano appena usciti di prigione e nessuna informazione ne era giunta all’intelligence”. Per questo motivo, secondo la commissione due sono i percorsi da intraprendere: da un lato, alcuni organi dell’intelligence francese, che si divide in vari corpi, verranno unificati tra loro per evitare la dispersione di informazioni e la mancanza di comunicazione; dall’altro, esiste secondo il rapporto anche una defaillance nel loro coordinamento. “Nel corso dei nostri lavori ho incontrato responsabili dell’antiterrorismo a Tel Aviv, Ankara, Londra e Washington – ha ricordato Fenech – e domandavo sempre loro chi fossero i loro interlocutori francesi. Nessuno ha saputo darmi il nome del responsabile dell’antiterrorismo in Francia. È normale, ce n’è più di uno”, ha spiegato, facendo notare una moltiplicazione dei servizi, degli acronimi e della differenziazione delle competenze. Per rimediare a questa macchinosità, è stato deciso di creare un’agenzia nazionale dell’intelligence, direttamente sotto la tutela del primo ministro, con autorità su tutte le questioni di sicurezza legate al terrorismo e ideale punto di riferimento per gli interlocutori internazionali.
Nei quaranta punti del rapporto, compaiono inoltre riforme del sistema penitenziario, dal momento che nel caso di molti degli attentatori di gennaio e novembre 2015 si trattava di individui già passati per le carceri francesi di cui tuttavia si era persa traccia, e anche proposte di ridimensionamento dell’operazione denominata Sentinelle, con la quale sono state dispiegate 10 mila unità delle forze militari in tutto il paese a sorveglianza permanente di siti ritenuti sensibili, tra cui siti ebraici come scuole, sinagoghe e centri comunitari, poiché secondo quanto affermato da Pietrasanta, si sarebbe dimostrata “di scarsa efficacia reale”. Infine, il rapporto ha constatato una rapidità non sufficiente nell’arrivo dei soccorsi negli istanti successivi agli attentati, e per questo è stato suggerito di “costituire al più presto dei corpi per l’estrazione delle vittime composti da soccorritori che intervengono sotto la protezione delle forze dell’ordine”, ma anche di formare tutti i cittadini sui procedimenti di primo soccorso.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(7 luglio 2016)