Israele al futuro
Creare un nuovo Stato, con tradizioni e usanze comuni non è un’impresa facile. Quando poi i primi fondatori e i nuovi immigranti provengono da ogni parte del mondo con lingue, cibi, melodie e mentalità diverse, come in Israele, l’impresa diviene una sfida. Si doveva creare una nuova identità con caratteristiche diverse ma quali scegliere? E come conciliare la differenza di ritmo? Il pensiero, le reazioni agli eventi, il modo di amare, di discutere e di gioire: tutto ha un ritmo! I testi ebraici delle preghiere erano uguali per tutti, da ogni parte del mondo, ma il modo di esprimerli erano diversi e per molti la preghiera non era più neanche un elemento fondamentale da serbare. E in più nel giovane Paese esistevano altre culture, altre etnie. Il “Kur Ituch” – “fulcro di fusione” o melting pot, fu la risposta del neogoverno a capo di una società eterogenea,
multietnica e multiculturale. L’idea era di creare una società avanzata sul modello occidentale e infondere una nuova cultura comune a tutti. Per anni i profumi dello Shabbat a Casablanca, i sapori del jachnun e del melauach della cucina yemenita o i testi languidi delle canzoni d’amore sono stati una simpatica curiosità per molti e struggente nostalgia per altri. Oggi Israele è l’incontro orgoglioso di questi volti dai colori e dai sapori imbattibili.
Ieri sera eravamo alla cerimonia della henna di Talor e Aviram, lei, nostra allieva, del Moshav Dovev, vicino a Sasa e lui di Nahariya. Entrambi ufficiali dell’esercito, dove si sono conosciuti. Talor è una delle prima ragazze del suo moshav, abitato da ebrei curdi e persiani, che ha sfidato la mentalità del posto che non vedeva di buon occhio le ragazze soldato e si è arruolata nell’esercito. Ieri sera, nella scintillante sala di Rosh Pinna c’era la più bella e saporita “insalata” del mondo: uomini e donne, zie e cugini hanno danzato fino a tarda notte al suono di violini e tamburelli, tra chili di mandorle e marzapane, humus, tchina inebriati dal profumo di menta, zenzero e acqua di rose. Sembrava la reggia delle mille e una notte e la gioia era alle stelle.
Israele continua a crescere, ammette i suoi errori e indossa ogni giorno abiti più ricchi. I suoi abiti siamo noi: i volti di chi crede in questa terra e nella sua gente che oggi più di sempre apprezza il valore della diversità e del passato, mantiene la tradizione e, cercando le strade per mantenere vivi tutti i colori, consolida il futuro.
Angelica Edna Calo Livne
(13 luglio 2016)