Messa nelle chiese,
Islam italiano diviso

rassegnaSono molte le chiese che, in Italia, apriranno oggi le proprie porte alla celebrazione della messa insieme a fedeli islamici. Un’iniziativa di solidarietà partita dalla Francia che spacca la comunità musulmana. “Noi oggi in Chiesa? I musulmani divisi” titola il Corriere, dando conto delle diverse posizioni interne all’Islam italiano. Apprezzamento per l’iniziativa da parte del capo dello Stato, Sergio Mattarella, intervistato ieri al TG1 sulla minaccia del terrorismo islamico: “Noi non possiamo e non dobbiamo stravolgere i principi della nostra civiltà e inoltre non servirebbe. Occorre un’efficace azione anticipatrice, di prevenzione, di intelligence, di vigilanza e polizia – afferma Mattarella – perfettamente compatibile con le libertà superando vecchie abitudini che ostacolano la condivisione di informazioni”. Quella che sta portando avanti il terrorismo fondamentalista, per Mattarella, “è una guerra in un formato diverso, senza frontiere”. Ma “non una guerra di religione”.
Dichiara Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente Ucoii, in una intervista a Repubblica: “Oggi saremo nelle chiese italiane, da Milano a Catania, per portare una testimonianza di dialogo, condivisione e solidarietà ai nostri fratelli cristiani. Alla preghiera del prossimo venerdì saremmo lieti di avere nelle nostre moschee esponenti della comunità cattolica, sindaci, cittadini, politici: anche Salvini è ben accetto. Ma so anche io che non basterà. Noi dobbiamo fare di più per isolare chi sceglie il terrore, ma al governo e al premier Renzi chiedo un atto di coraggio: firmiamo ora l’intesa tra lo Stato e la religione musulmana per l’8 per mille”. Secondo Elzir, alla guida di una realtà in cui molte sono le zone d’ombra, “l’8 per mille potremmo avere finanziamenti per garantire la formazione dei nostri imam totalmente in Italia, eviteremmo fondi stranieri per la realizzazione delle moschee, potremo attivare progetti di lavoro e assistenza nelle carceri”.

Sul Quotidiano Nazionale, due interventi di esponenti ebraici sul tema del terrorismo islamico. Il Consigliere UCEI David Meghnagi, intervistato venerdì, afferma: “Non ci sono dubbi che, alla base di certi atti criminosi, possano esserci turbe psichiche irrisolte ma questo è solo un elemento del problema che non autorizza a ridurre fenomeni di portata storica a considerazioni di ordine meramente psicologico. In altri contesti e ambiti, chi ha problemi psichici irrisolti raramente commette atti come questi”. Aggiunge lo studioso: “Il terrorismo di matrice islamico-jihadista ha dei fondamenti perversi che si richiamano esplicitamente a categorie di natura teologica. E una ideologia che viene da lontano e che demonizza l’Occidente e la democrazia, e che identifica gli ebrei con il male. E una visione del mondo che attualizza, assolutizzandola, la polemica antiebraica presente in importanti Sure del Corano, a discapito di altre più tolleranti, e che ha come scopo il ritorno del mondo islamico a una purezza incontaminata. Si tratta di una guerra che, dall’interno del mondo islamico, dove ha procurato centinaia di migliaia di vittime, dilaga ora in Occidente, mettendo a rischio le basi della convivenza su cui poggia la nostra civiltà”.
Rileva oggi il rav Giuseppe Laras: “Le sinagoghe e le scuole ebraiche, tra Francia e Belgio, sono già state attaccate. Le chiese in Egitto registrano anch’esse attacchi da decenni. E che dire di Siria, Iraq, Pakistan? Ora, con l’uccisione di padre Hamel tale attacco è realizzabile anche in Europa. È stato dato un segnale. Per decenni c’è stato troppo incosciente silenzio sulle sorti di ebrei e cristiani di Oriente in relazione all’Islam”.

“Francesco ha passato tre giorni tra Cracovia e Birkenau, tre giorni decisivi per il suo pontificato e — oso dirlo da non credente — per l’anima del mondo. La Shoah voluta dalla Germania nazista non sarà mai scordata ma, sia pure con caratteristiche molto diverse, è nuovamente attuale, soprattutto nella discussione su Dio” scrive Eugenio Scalfari su Repubblica. “Questa volta i suoi accoliti lo evocano come Allah Akbar, Allah è grande; ma l’eccidio in coreo guidato dal Califfo trova un corrispettivo nella storia del mondo e delle religioni: l’Islam, i Cattolici, i Protestanti, i Tartari. Ovunque gli Dei sono stati simboli branditi per guerre e per stragi effettuate in loro nome. E poiché guerre e stragi hanno come reale motivazione il potere, gli Dei in lotta tra loro sono stati sempre e dovunque identificati con il potere. Allah Akbar è oggi il più orribilmente disumano, ma eccita tutti gli altri a rispondere analogamente”.

“Sono israeliano figlio di un polacco che è dovuto scappare dalla Polonia e di una marocchina che è dovuta scappare dal Marocco e per questo ho suonato in Polonia per portare al popolo di mio padre un messaggio di speranza e forza; e ho suonato in Marocco per infondere lo stesso sentimento nel popolo di mia madre. Come israeliano mi sento molto vicino a chi scappa dagli orrori e credo fortemente nella capacità della musica di valicare le differenze culturali”. Così Yehezkel Yerushalmi, il primo violino del Maggio Musicale, in una intervista al Corriere Fiorentino a poche ore da un concerto in Tunisia.

Sul Corriere della sera, Giorgio Pressburger ricorda i suoi tre anni da allievo di Giorgio Bassani all’Accademia nazionale d’Arte drammatica di Roma. “Molte lezioni – scrive – cominciavano al bar di fronte al villino: il professore ci offriva un caffè e chiacchierava con noi dei fatti quotidiani, dei nostri problemi, e a volte dei suoi. Mi ricordo che una volta ci intrattenne per tutta l’ora della lezione sul problema degli scrittori che spesso devono fare una scelta su come andare avanti nella loro opera di narrazione. Ci raccontò come il trovarsi di fronte a continue scelte e decisioni fosse un vero tormento per l’autore, tormento che a volte per mesi e mesi lo accompagnava per strada, in casa, in compagnia di amici, a teatro o al cinema”.

Sul domenicale del Sole 24 Ore, Giulio Busi racconta le sue impressioni della grande mostra “Venezia, gli ebrei e l’Europa” curata da Donatella Calabi a Palazzo Ducale. “II libro e la mostra – scrive lo studioso – danno conto di tutto quanto fu prodotto dagli ebrei veneziani. I torchi delle tipografie ebraiche, che lavoravano a ritmo incessante, le prediche dei rabbi nelle sinagoghe, a cui accorrevano anche diplomatici e intellettuali cristiani, la musica, che qui ebbe cultori informati e creativi, la filosofia e il pensiero economico-politico, è materia per riempire non un catalogo ma un’enciclopedia intera. E se è lecito sfruttare la ricorrenza per proporre un sogno da realizzare, sarebbe bello che si lanciasse, dopo gli eventi di questo 2016, una vera ‘Enciclopedia del ghetto di Venezia’. Di materia ce n’è a dismisura, e anche le competenze, come il catalogo prova, sono pronte a concretizzarsi”.

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(31 luglio 2016)