…Aleppo

Suscita pena e orrore la condizione tragica della popolazione di Aleppo sotto i bombardamenti di Assad figlio, di Isis, dei russi e degli americani, con il coinvolgimento dell’Iran e dei libanesi di Hezbollah. Bisogna continuare a chiedere corridoi umanitari, tregue, ogni tipo possibile di aiuto che possa alleviare la sofferenza della popolazione civile. Ma non calza il legame fra quello che succede oggi nella più popolosa città siriana e il passato storico di quella stessa città. Aleppo è stata un grande emporio transnazionale, sede di tesori archeologici e culturali riconosciuti, la città dove è stato copiato il più antico manoscritto oggi esistente del testo ebraico della Bibbia. Il semplice nome di una città o di un stato non significa però che vi sia una continuità logica fra presente e passato, e non implica che i ricordi della storia debbano informare i giudizi sul presente. Così come non vi è molto legame fra Giulio Cesare e le ultime disastrose amministrazioni del comune capitolino, o fra Bisanzio e l’attuale regime di Erdogan. Oggi, dopo anni di guerra civile seguiti alla proclamazione della Primavera araba, è doloroso vedere la distruzione delle case e la morte degli abitanti di Aleppo, come di ogni altro luogo al mondo dove infuriano la guerra e il terrorismo. Ma la crisi inarrestabile non coinvolge la nostra civiltà tutta, la sua responsabilità non può essere equamente distribuita fra tutti noi. La crisi è stata causata da personaggi e da gruppi politici ben specifici, con appoggi militari ben individuabili (basta vedere le marche degli ordigni bellici usati), e con la piena connivenza di coloro che hanno preferito mantenere il silenzio quando già in passato bisognava ammonire e condannare. L’Unesco nel 1986 nell’attribuire alla città di Aleppo l’onore dell’universalità non ha voluto porsi il problema dell’identità democratica e civile del paese di cui Aleppo faceva parte. Quella stessa città di Aleppo faceva parte del patrimonio dell’umanità anche ai tempi di una Siria tenuta insieme sotto il regime forte di Assad padre, dove venivano commesse quotidiane nefandezze nei confronti della società civile e dove l’accumulazione di materiale bellico era destinata primariamente agli attacchi militari contro il vicino stato d’Israele. Il giudizio va dato per quello che esiste realmente, non per l’immagine illusoria di ciò che è esistito. Il privilegio di appartenere al patrimonio dell’universale civiltà umana sarà stato acquisito dai nostri predecessori, ma va conservato e riconquistato quotidianamente da noi stessi con i nostri valori, i nostri comportamenti e le nostre parole, e si può anche perdere.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(18 agosto 2016)