JCiak – Radcliffe fra i neonazisti d’America

radcliffeSe l’avete amato nei panni di Harry Potter la sua ultima prova rischia di lasciarvi l’amaro in bocca. In Imperium di Daniel Ragussis, da poco sugli schermi americani, l’attore ebreo inglese Daniel Radcliffe ci porta agli antipodi della magia per scaraventarci dritti nel mondo dei neonazisti americani. Nei panni di Nate Foster, pacato agente dell’Fbi amante della musica classica, Radcliffe esplora i crocevia violenti che alimentano i deliri dei suprematisti bianchi in un’interpretazione che s’intuisce influenzata dalle memorie di famiglia in cui compaiono una nonna evacuata durante i bombardamenti nazisti e un nonno in fuga dai pogrom russi.
In passato altri film avevano provato a illuminare le distorsioni politiche o psicologiche alla base di realtà del genere. Ricordiamo The Believer (2001), diretto da Henry Bean, con Ryan Gosling e Daniel Balint nella parte di un ex studente di yeshiva che diventa un fanatico neonazista o American History X (1998), diretto da Tony Kay, con un bravissimo Edward Norton che interpreta uno skinhead appena scarcerato alle prese con il fratello minore (Edward Furlong) desideroso di emularne le gesta.
Imperium sceglie un approccio diverso e si sofferma piuttosto sul contesto in cui nascono e crescono gli estremismi. Malgrado la scarsa esperienza e nessuna capacità militaresca, Daniel Radcliffe-Nate Foster si rasa il cranio, s’inventa un passato da militare, legge i testi base della cultura ultranazionalista e piano piano entra in quel mondo in cui simboli e ideali nazisti s’intrecciano ai retaggi atroci del Ku Klux Klan. Obiettivo, sventare un terribile attentato.
La storia è liberamente ispirata alle esperienze dell’ex agente dell’Fbi Mike German che ha collaborato alla sceneggiatura. “La prima volta che l’ho incontrato – ha spiegato il regista Ragussis – mi sono reso conto che era molto diverso dal prototipo degli agenti Fbi. Era molto intelligente, piacevole, aveva studiato filosofia”. “Quando gliel’ho fatto presente – continua – mi ha spiegato che essere un agente dell’Fbi sotto copertura più che con le capacità fisiche ha a che fare con quelle sociali, con l’abilità di trattare con la gente. Questo mi ha permesso di concettualizzare la storia e mi ha indirizzato verso un attore come Daniel”.
Radcliffe non ha il phisique du role di altri agenti celebri (Daniel Craig, tanto per dirne uno) ma riesce a rendere fin nelle minime sfumature il lavoro certosino necessario a infiltrarsi in un mondo denso di insidie. E chissà quanto hanno contato, nelle scene di maggior tensione, i ricordi dei racconti sentiti da bambino. Storie di fughe, intolleranza, razzismo alimentate dallo stesso vento atroce di follia che oggi torna a spazzare l’America.

Daniela Gross

(18 agosto 2016)