Il burkini, la società – Modestia, imposizioni, sicurezza: l’analisi della stampa da New York a Gerusalemme
Nell’estate 2016 la Francia si è nuovamente trovata a fare i conti con i suoi peggiori incubi: a pochi mesi dalla strage tra ristoranti e locali di Parigi, simbolo della cultura e dello stile di vita d’Oltralpe, e in un certo senso dell’Occidente tutto, a Nizza un terrorista ha lanciato un camion contro la folla riunita per assistere ai fuochi d’artificio per la festa nazionale del 14 luglio, giorno in cui si celebra la Rivoluzione e quei valori di libertà, fraternità e uguaglianza pilastro della civiltà europea. Ed è proprio con la dichiarata volontà di contrastare l’estremismo islamico e “la sua alleanza a movimenti terroristici in guerra contro la Francia” che alcuni giorni dopo dalla stessa Costa azzurra (e in particolare dalla città di Cannes) è partita l’iniziativa del bando del cosiddetto “burkini”, una sorta di tuta da bagno a maniche lunghe compresa di cuffia che copre capelli e collo, in osservanza delle regola di modestia femminile della tradizione musulmana.
La decisione del sindaco David Lisnard, presto imitata da una ventina di suoi colleghi, incluso il primo cittadino di Nizza, ha scatenato un intenso dibattito in tutto il mondo. Con un ulteriore elemento di complessità approfondito da molti sulla stampa ebraica: la centralità del concetto di modestia anche nell’ebraismo ortodosso. Sicurezza, estremismo, prevenzione. Libertà di religione. Libertà di scelta del proprio abbigliamento. Prevaricazione altrui nell’imposizione di un certo tipo di vestiario. Diritti delle donne, in un senso o nell’altro. Intolleranza. Rispetto dei valori della società in cui si vive. Sono tanti gli elementi, spesso contradditori, che compongono il puzzle della discussione.
“Non importa quanto progressista la nostra società sia diventata, l’aspetto esteriore della donne è ancora oggetto di scrutinio, commenti, valutazioni, critiche e disapprovazione, molto più di quanto non avvenga nel caso degli uomini” ha scritto il direttore del settimanale newyorkese Jewish Forward Jane Eisner, in un editoriale dedicato all’argomento, in cui l’imposizione a una donna musulmana di togliersi il burkini in Francia viene messa in relazione con altri episodi: i commenti tante volte riservati alla candidata democratica alla presidenza americana Hilary Clinton, la sospensione, da parte della tv pubblica egiziana, di otto conduttrici perché sovrappeso, l’annuncio di una scuola pubblica nazional-religiosa di Petah Tikva di imporre alle sue studentesse gonne che coprono fino ai piedi invece che semplicemente sotto il ginocchio, lo standard normalmente adottato nella comunità in questione.
Nodo fondamentale dunque è quello della libera scelta. Ma dove passa il confine tra una libera scelta pur se magari influenzata dalla famiglia, l’educazione, l’ambiente di appartenenza, e la prevaricazione? Se lo chiede una editorialista di Haaretz. “Il mio primo, istintivo, impulso è quello di appoggiare l’idea (del bando), o almeno la sua ratio. Non devo arrivare fino a Cannes per intuire quello che le donne musulmane religiose si trovano a sperimentare sulla spiaggia” scrive Raviv Hecht, descrivendo la sua personale esperienza di tante ragazze, spesso ancora bambine, infagottate da capo a piedi, magari sotto la stretta supervisione del padre o del marito in pantaloncini e canottiera. E tuttavia, prosegue, non si può nascondere che ci siano dei casi in cui la decisione di aderire a certi valori è assolutamente libera e motivata, anche se si tratta di valori “per me completamente alieni”. “Ogni persona dalla mente aperta, istruita, laica, cresciuta nei principi dell’illuminismo e della razionalità dovrebbe guardarsi allo specchio e chiedersi onestamente se tutte le idee, usi, desideri, azioni sono esclusivamente frutto della propria volontà o non la naturale adozione degli ideali della famiglia, che qualcuno potrebbe giudicare completamente privi di senso o quanto meno eccentrici”.
C’è tuttavia un dovere, almeno in alcune circostanze, di adeguare i propri valori a quelli della società in cui si vive? E quali sono gli eventuali limiti? A dichiararsi favorevole al bando del burkini è stato per esempio il rabbino della Grande Sinagoga di Parigi Moshe Sebbag, pur aderendo egli stesso a un ebraismo moderno ortodosso in cui la modestia è un valore da osservare, e molte donne vanno in spiaggia utilizzando vestiti da bagno piuttosto che bikini. Come riportato dalla Jewish Telegraphic Agency, rav Sebbag ha spiegato che i sindaci in questione “hanno capito che la questione non riguarda la libertà della donne di vestire modestamente, ma un messaggio riguardo a chi comanderà qui domani” in seguito all’ondata di terrore jihadista. “Hanno capito che è in corso una guerra di religione, una presa di potere nei confronti dell’ordine laico della repubblica francese, e questo è inaccettabile”.
Il punto sul bando del burkini farebbe dunque riferimento a una minaccia alla collettività che di conseguenza pone in secondo piano le libertà individuali (assumendo che di libertà individuali e non di imposizioni si tratti). Senza contare, nota il Tablet Magazine, che “non si può non far finta che negli ultimi anni le cose non siano cambiate”, proponendo un’analisi di come l’aderenza a un certo tipo di pratiche nel mondo islamico francese (come quella per le donne, di indossare velo e abiti sempre più coprenti) si sia diffusa per influenza e disegno di movimenti radicali in particolare a partire dagli anni Ottanta. Un’analisi che presenta anche una forte critica a come il dibattito su questi temi viene riportato sulla stampa americana, “con l’abitudine, da una dozzina d’anni a questa parte, di vedere nella laicità repubblicana francese un attacco razzista alla libertà individuale, invece di una difesa anti-razzista della libertà individuale”.
Se sul piano legale una risposta in Francia si troverà (il Consiglio di Stato ha sospeso il bando al burkini, i sindaci hanno annunciato battaglia e la presentazione di una proposta di legge in parlamento), sul piano ideale il tema rimane aperto. Sicurezza, diritti della persona, libertà religiosa. La versione di prova costume e chiacchiere da spiaggia di questa estate 2016.
Rossella Tercatin