Oltremare
Il tempo della parola
Cosa direbbe Eliezer Ben-Yehuda se tornasse in Israele per una visita adesso, oltre un secolo dopo le sue geniali estrapolazioni linguistiche che hanno dato nuova vita all’ebraico? Probabilmente sarebbe contento di ascoltare Reshet Bet, la radio nazionale in cui ancora si usano una grammatica corretta e una dizione non ammorbidita o sporcata dal gergo quotidiano. La “r” almeno lì è rimasta una erre diciamolo pure europea, mentre tutto intorno, nel paese reale, ha preso un suono arrotolato in fondo al palato che noi italiani facciamo fatica ad adottare.
Ma non credo che sarebbe molto soddisfatto di vedere quanti termini in inglese usiamo quotidianamente, soprattutto per parlare di lavoro e di ogni cosa tecnologica. Dalle start-up ai meet-up, solo ieri ero ad un pair-up, serata di incontro dove si formano coppie e piccoli gruppi che comprendono una persona portatrice di idea geniale e agglomerati variabili di finanziatori, programmatori, esperti di sostenibilità e altro.
Va detto che la Crusca locale, l’Accademia della Lingua Ebraica, provvede ogni anno liste di parole nuove e indicazioni molto precise su come chiamare le nuove tecnologie. Su Reshet Bet appunto, che suppongo per legge debba comportarsi in modo linguisticamente ipercorretto, per esempio ogni volta che si dice la parola applicazione, che il popolo chiama “applikazia” declinando dall’inglese, nella stessa frase si dice anche “issumón”, versione ebraica moderna del termine.
Nessuno al di fuori dalla radio direbbe issumón, come nessuno dice “misrón” per sms. Però Eliezer Ben Yehuda può essere moderatamente fiero di noi per averle almeno inventate, o meglio estrapolate da radici verbali esistenti, queste parole che sanno di aulico ancor prima di essere invecchiate.
In questo siamo davvero un popolo al di fuori dal tempo, o meglio per il quale il tempo è qualcosa di ben poco lineare e piuttosto fatto di stringhe parallele che ogni tanto si allacciano e poi proseguono senza alcun rapporto di conseguenza ed effetto con quanto avvenuto prima. Prima di cosa, direbbe uno come Ben-Yehuda, che ha annullato il tempo inventando coniugazioni dimenticate o mai esistite.
Daniela Fubini, Tel Aviv
(5 settembre 2016)