UK – La risposta alla crisi dei migranti
“Solidarietà, dovere ebraico”

15540 “Proviamo un’empatia particolare, come ebrei, nei confronti dello straniero, e credo che nella nostra comunità ci sia un desiderio di assistere, che va al di là della nazionalità di ogni individuo”. Lo aveva dichiarato Paul Anticoni, direttore dell’organizzazione umanitaria ebraica britannica World Jewish Relief, al lancio, esattamente un anno fa, di una campagna di aiuti per i migranti provenienti dalla Siria e dalla regione circostante. Una risposta alla crisi di cui dodici mesi dopo vengono presentati gli esiti: sono più di 17.500 le persone a cui l’organizzazione ha offerto soccorso, per lo più in Grecia e in Turchia, fornendo 3169 coperte e giacche perché i bambini potessero superare l’inverno nei campi profughi turchi al confine con la Siria e 2050 kit di materiali scolastici, e curando 4837 rifugiati in Grecia, dove sono arrivati anche acqua, cibo e vestiti caldi per altri 7474 individui.
“Un anno fa la foto del corpo su una spiaggia di un bambino siriano di tre anni chiamato Alan Kurdi ha sconvolto il mondo e lo ha spinto all’azione”, ha commentato Anticoni. “Grazie alla generosità della Comunità ebraica britannica nel corso dell’anno appena passato – le sue parole – abbiamo fatto la differenza per 17.557 vite”. In totale, sono state donate 944 mila sterline. Inoltre, World Jewish Relief sta ora lavorando a un programma per aiutare i 20 mila siriani immigrati in Gran Bretagna a integrarsi, coinvolgendo anche le istituzioni nazionali perché questo possa avvenire entro il 2020. “La risposta da parte dell’ebraismo britannico alla crisi dei migranti è stata straordinaria – ha aggiunto Anticoni – e desidero ringraziare tutti quelli che hanno risposto al nostro appello perché la Comunità ebraica si unisse e contribuisse a cambiare la vita di migliaia di migranti in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni”. Tra loro c’è stato anche il rabbino capo del Commonwealth Ephraim Mirvis, il quale al lancio della campagna aveva esortato a prendere parte attiva nella risposta a una “profonda e tragica emergenza umanitaria”. “Come ebrei, molti di noi hanno famigliari che sono stati rifugiati – aveva affermato – e il nostro passato deve influenzare il modo in cui ci comportiamo oggi”.
World Jewish Relief è nato nel 1933 per assistere le decine di migliaia di ebrei tedeschi che scappavano dalle persecuzioni naziste. Nel 1938, ottenendo la collaborazione del governo britannico, l’organizzazione riuscì a orchestrare il Kindertransport, cioè il trasporto di circa 10 mila bambini provenienti dall’Austria e dalla Germania, accolti dal Regno Unito e sistemati in famiglie che avevano acconsentito ad aprire le porte di casa loro, ma anche colonie estive, ostelli, scuole e fattorie. In molti casi quei bambini furono i soli membri delle loro famiglie a sopravvivere alla Shoah, e dopo la fine della guerra World Jewish Relief non smise di fornire loro il suo supporto, così come a chi sopravvisse ai campi di sterminio dopo la Liberazione. Da allora l’organizzazione lavora per fornire aiuto a tutti gli ebrei nel mondo in difficoltà, in particolare alle Comunità dell’ex Unione Sovietica, in grande difficoltà dopo il crollo del Muro di Berlino, ma tra i principali campi d’azione dell’organizzazione c’è anche l’aiuto umanitario in caso di grandi catastrofi o crisi internazionali, come ad esempio il terremoto a Haiti nel 2010, o lo tsunami del 2011 in Giappone.
Una lunga esperienza che anche oggi spinge Anticoni nella sua azione: “Abbiamo imparato dalla nostra storia quale sia l’enorme contributo che gli immigrati ebrei hanno portato in Gran Bretagna negli ultimi ottant’anni – ha osservato – e lo stesso è avvenuto con le comunità arrivate dall’Uganda, dall’Asia, e anche dall’Europa, che hanno rafforzato la nostra economia”. Per questo, è per lui fondamentale far sì che le persone comprendano “i problemi che i migranti devono affrontare ma anche le opportunità che offrono. Si tratta in pratica di capire la complessità della situazione, portandovi la propria dimensione personale, poiché – il suo monito conclusivo – si possono sempre convincere gli altri a cambiare idea”.

f.m. twitter @fmatalonmoked

(6 settembre 2016)