Eccomi?
Che senso ha rileggere, subito dopo averlo finito, un romanzo che non ti è piaciuto?
E mica uno breve, uno da 611 pagine e cartonato – che a tenerlo in mano ti piega i polsi? Per leggere di nuovo le sue tante pagine straordinarie? Per capire meglio, ora che sai tutto, della sua trama complessa quanto ben strutturata? Per trovare quel che ti è sfuggito, e cambiare idea? Per confermare i motivi per i quali non ti ha convinto?
A queste e alle altre ragioni che mi hanno costretto a rileggere libri che non mi sono piaciuti, per Eccomi (Safran Foer, Guanda, traduzione di Irene Abigail Piccinini) ne va aggiunta un’altra, meno importante dal punto di vista letterario, ma decisivo e disturbante per me: devo capire se non mi è piaciuto il romanzo o non mi è piaciuto ciò che dice, ciò a cui mi ha fatto pensare.
Ho 62 anni; sono laico, italiano, ebreo. Tutto ciò di cui Foer scrive mi è noto, familiare. Non ho bisogno del glossario per capire le parole in ebraico, o le allusioni a una o l’altra tradizione ebraica di cui è pieno il libro. Quelle che per il 99,8 per cento della popolazione mondiale sono notizie su Israele, per me e gli altri dello 0,2 per cento sono notizie di famiglia. Non sono un appassionato di calcio, ma l’altra sera – se avessi visto la partita – non sono certo per chi avrei tifato. Ma no: se Israele mi chiamasse alla guerra non ci andrei.
Come avrete capito, questo non è un Esercizio di Lettura, non ancora. È un esercizio di equilibrio invece quello che eseguo ogni giorno dal mio bar mitzvah in poi (a proposito: dopo l’haftarah, la festa e tutto il resto, scappai con un amico ebreo a mordere il più gustoso panino alla mortadella che abbia mai mangiato…).
Ci sono romanzi riusciti male che evocano temi, situazioni e ambienti che ti riguardano troppo per non farteli leggere appassionatamente; Eccomi mi ha sbattuto davanti a me stesso, ecco tutto. Ecco perché lo sto rileggendo, e la prossima settimana forse ne potrò scrivere qualcosa di sensato. Per il momento, leggetelo: mi piacerebbe – per una volta – che a recensirlo sia qualcuno di voi.
Valerio Fiandra
(8 settembre 2016)