Imparare da tutti
In questi giorni ho avuto il piacere di avere visita da moltissime persone, la gran parte delle quali non vedevo da tanto, e nonostante non abbia potuto dedicare ad ognuna il tempo che meritava, è stato un dono prezioso.
Con un’amica è stata occasione di chiarimento e di ricongiungimento dopo un dissidio causato da futili malintesi, mentre un’altra si è confidata sulla comprensione del valore del tempo e mi ha suscitato alcune riflessioni.
Costei ha trascorso diversi anni accanto a quello che in ebraico è chiamato un leitz (לץ), un uomo arrogante e supponente, il quale ostentava una noncuranza manifesta verso il prossimo, lei per prima. In altre parole, uno strafottente (mi si perdoni il lessema volgarotto, ma non trovo definizione più calzante, se non forse menefreghista, vocabolo dall’eco mussoliniana che richiama alla mente l’uomo qualunque, mentre l’individuo in questione, piuttosto che indifferenza, mostrava arrogante superiorità).
Ho provato a consolare la mia amica per i sensi di colpa derivati dalla sensazione di aver sprecato il suo tempo, e tuttavia, confidando nelle parole del salmista (“Le lodi di un uomo è che egli non ha seguito il consiglio degli empi, né si è unito ai peccatori e non si è seduto in compagnia degli schernitori”: Tehillim 1: 1, e qui per rispetto mi sono avvalsa del vocabolo afferente l’area semantica dello scherno), mi chiedo se la mia amica non abbia la sua parte di responsabilità nell’avere passato un lungo periodo in compagnia di un siffatto individuo.
Perché come disse, commentando i Pirkei Avot, il cugino del Nachmanide, Rabbenu Yonah, la “combriccola di letzim” (Pirkei Avot 3:2) non è solo quella costituita da chi non condivide parole di Torah, ma anche da chi si impegna in conversazioni futili, ed in tal mondo mostra di non prendere le cose sul serio sprecando il proprio tempo. Il litz si spinge oltre nella mancanza di rispetto per l’Onnipotente, perché antepone se stesso all’ascolto degli altri e alla condivisione di un discorso, e preferisce parlare più che ascoltare, peccando di autoreferenzialità e rendendo così impossibile una vera conversazione.
D’altro canto, mi è stato ricordato anche che saggio è colui disposto ad imparare da tutti, e degno di onore chi onora gli altri (Pirkei Avot 4: 1), e la mia amica ha cambiato combriccola impegnandosi a cercare Torah dove ci sono persone disposte a condividerla e dedicandosi a conversazioni rispettose con persone capaci di ascoltare e di essere simpatiche, nel senso etimologico di “συν-πάθειν” (sun-pathein), sentire insieme. Non tutto è perduto.
Sara Valentina Di Palma
(15 settembre 2016)