La sofferenza nei mattatoi
La Commissione d’inchiesta parlamentare che in Francia ha indagato sulle condizioni degli animali nei mattatoi, istituita in seguito alle orribili immagini video catturate da alcune associazioni ambientaliste, è approdata in conclusione a 65 proposte. Si rileva l’insufficienza di controlli e trasparenza, e si suggerisce di installare telecamere nelle zone più sensibili e a rischio delle strutture. Mi sembra una proposta di buon senso, si direbbe l’uovo di Colombo. Avanzo tre idee per l’Italia: perché il Parlamento non istituisce analoga commissione anche qui? Perché non installare subito le telecamere nei mattatoi? E perché non disporle anche negli allevamenti? Non sarebbero misure punitive, anzi varrebbero a garanzia degli operatori onesti e rispettosi delle leggi.
Alcuni anni fa, presentando in giro per l’Italia il volume Gli animali e la sofferenza. La questione della shechità, curato da Laura Mincer e dal sottoscritto, giungemmo tra le altre proposte a quella di un “macello sostenibile”, un luogo cioè dove gli animali venissero uccisi minimizzando sofferenze inutili, spostamenti e attese defatiganti, e altrettanto le violazioni dei diritti dei lavoratori (spesso foriere di abusi gratuiti). Si tratta ovviamente di quella concezione – certamente discutibile – per cui ridurre il male è di per sé un successo politico, anche se non determina il raggiungimento dell’obiettivo ideale. In altre parole, sarebbe bello se tutti fossimo vegetariani, ma nel frattempo cerchiamo di ridurre la sofferenza per gli animali, per noi stessi e per l’ambiente in cui viviamo.
Voltaire scriveva che il livello di civiltà di un popolo si misura dalle condizioni delle sue carceri. Al tempo nostro dovremmo aggiungere: e dei suoi allevamenti e dei suoi macelli.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas twitter @tobiazevi
(20 settembre 2016)