SHIMON PERES (1923-2016) – L’ULTIMO DISCORSO ALLA KNESSET “Israele e il suo capitale umano, più prezioso di oro e petrolio”
Pubblichiamo qui in traduzione l’ultimo discorso integrale pronunciato da Shimon Peres alla Knesset il 24 luglio 2014, nell’atto lasciare la Presidenza di Israele.
Sono qui per ringraziarvi per il privilegio che mi avete accordato nel consentirmi di servire il nostro paese e il nostro popolo per gli ultimi sette anni. Non c’è privilegio superiore. Grazie.
Israele, questo piccolo paese, è diventato un autentico grande Stato.
Non conosco nessun altra nazione sulla faccia della Terra o nella storia che abbia saputo stupirmi e sorprendermi altrettanto.
Che abbia radunato la sua gente, abbia fatto fiorire il suo deserto. Sia risorto dalle sue rovine, sopravvivendo a un terribile Olocausto. Che si sia difeso in sette guerre, abbia riportato una lingua alla vita, rispettato le sue tradizioni e adottato la modernità. E allo stesso tempo costruito un paese che continua a svilupparsi.
Un paese che porta avanti i suoi valori e pratica la democrazia.
Un paese privo di risorse naturali, che utilizza invece il capitale umano della sua gente, più preziose di qualunque pozzo di petrolio o miniera d’oro.
Un paese che è stato istituito su un nucleo storico, e che è diventato un’eccellenza nel mondo scientifico.
Un paese di canzone. Un paese di letteratura, un paese che cerca la pace, giorno e notte.
Lascio la presidenza senza separarmi dalle mie convinzioni. Continuerò a servire il mio paese con il fermo convincimento che Israele sia uno Stato esemplare.
Siamo un popolo che è passato attraverso inimmaginabile agonia. E siamo un popolo che ha raggiunto le più alte vette dei conseguimenti umani. Abbiamo fatto grandi sforzi. Abbiamo pagato un prezzo terribile. Non dimenticheremo mai i nostri fratelli e le nostre sorelle uccisi nella Shoah. Ricorderemo coloro che sono caduti in battaglia, che portarono nuova vita a un popolo redento.
È un grande privilegio essere un cittadino tra cittadini che conoscono fatica e lotta. Che hanno profuso un impegno supremo e portato avanti una speranza determinata fino alla prima rugiada della nostra alba.
Siamo tornati. Abbiamo costruito. Combattuto. Pregato. Fino a che abbiamo cominciato a vedere contorni che hanno sorpreso persino noi stessi. Siamo un popolo antico che sta diventando vecchio. Siamo un popolo che prima di tutto ricostruisce se stesso ancora e di nuovo.
Israele è nato come un precedente e ha creato precedenti. Nonostante il suo essere piccolo tra le nazioni nei numeri, il nostro popolo porta in sé una fede imbattibile. Il primo a ribellarsi contro i pregiudizi fu Mosè.
Una nazione che si è ribellata contro il faraone. Che ha distrutto gli idoli. Sbriciolato illusioni. Una nazione che ha attraversato il deserto per raggiungere la sua casa, il suo destino.
Ci siamo arrampicati su montagne e siamo scesi con le Tavole della Legge, con i Dieci Comandamenti che sono diventati il pilastro su cui è stata costruita la nostra nazione e che è stato adottato dalla civiltà occidentale.
Noi continuiamo e continueremo a portare avanti questo retaggio. Ci sono ancora idoli da distruggere, schiavi da liberare, vite da salvare e giustizia da sostenere. C’è ancora un mondo da riparare. Anche se rimaniamo una minoranza tra le genti. Anche se funzioniamo da bersaglio per il male, non devieremo dalla nostra eredità morale.
Le sfide non arrivano perché invitate. Si presentano spontaneamente. Così è accaduto per quella attuale. Non immaginavo che negli ultimi giorni della mia presidenza sarei stato chiamato ancora una volta a confortare famiglie in lutto. Con gli occhi pieni di lacrime. E i cuori traboccanti di fede.
Non immaginavo che accadesse nuovamente, dopo che siamo stati colpiti da razzi sparati con l’intenzione di colpire civili innocenti. Dopo che abbiamo scoperto tunnel progettati per uccidere, per penetrare il cuore di comunità civili e sparare a madri e bambini. Dobbiamo rendere il mondo consapevole della follia della minaccia terrorista.
Il terrorismo punta a versare il nostro sangue. E porta allo spargimento di sangue tra la sua gente. Mai una minoranza è stata capace di strappare il tessuto sociale di intere società in questo modo. Mai bambini innocenti sono stati mandati so crudelmente a farle da scudo. Hamas ancora una volta ha messo centinaia di migliaia di vite dei cittadini di Gaza in pericolo, in zona di fuoco. I terroristi hanno trasformato Gaza, che ha oltre 3,000 anni, in una tragedia per mano dell’uomo.
Abbiamo lasciato Gaza di nostra volontà e persino aiutato a ricostruirla. Sfortunatamente, è stata presa in ostaggio da terroristi fanatici, che hanno sradicato le strutture per la sua riabilitazione sprecandole per il terrore e l’assassinio. Israele non è nemica della gente di Gaza. È vero il contrario: Israele ha costruito il valico di Erez per aprire una via verso Gaza. Non abbiamo aperto il fuoco. Abbiamo combattuto i terroristi per portare la pace al nostro popolo. Loro sono stati crudeli persino con la propria gente, portando via il cibo di bocca ai neonati per finanziare il terrore. Hanno seminato morte e raccolto morte. Hanno forzato i loro figli a servire da scudi umani e li hanno spinti verso il fuoco. Lo ripeto, lo dico chiaramente. Gli arabi non sono nostri nemici. La politica dell’omicidio lo è. Ed è il più grande pericolo per il mondo arabo.
Hamas spara ma non risponde a due semplici domande. Per quale ragione lo fa? Gaza non è occupata e quando non spara è aperta. Secondo, cosa vuole ottenere? Si possono perseguire i propri obbiettivi senza sparare e perderli aprendo il fuoco. Da 68 anni il terrore sta continuando a danneggiare la sua gente. Non ha mai portato vittorie. Solo oscurità e distruzione.
Il terrore non ha risposte e non porta alle giuste conclusioni. Israele vincerà contro il terrorismo perché noi cerchiamo la pace e difendiamo la nostra casa.
Israele vincerà grazie a Tzahal, l’esercito di Difesa israeliano. Grazie ai suoi eccellenti comandanti e soldati. Non c’è altro esercito come Tzahal nel mondo. Il suo potere è vasto, l’equipaggiamento avanzato, i suoi valori chiari. Il paese è orgoglioso del suo esercito. La gente lo ama. La nazione ha fiducia.
Quando sono andato a confortare coloro che hanno perso un loro caro, sento una tristezza che non conosce consolazione, ma imparo anche la grandezza dei nostri caduti. Il fuoco ha accorciato le loro vite e rivelato la loro grandezza. Illuminato le loro personalità e il coraggio nei loro cuori. Nessuno ha dovuto spiegare loro nulla. Conoscevano la realtà. Si erano messi in cammino verso la battaglia prima di essere chiamati al fronte. Si erano offerti volontari per missioni pericolose. Hanno combattuto da leoni. Veloci ma non sconsiderati. Portavano l’eredità dei nostri antenati e il coraggio della gioventù. I loro cuori erano pieni d’amore per le loro famiglie, il paese, la gente. I genitori li hanno cresciuti e i figli hanno superato ogni aspettativa del paese. Ho visitato comunità che sono state bombardate. Comunità che hanno costruito nuove meravigliose società e scavato nuovi campi. Ho incontrato i loro fondatori circondato da alberi da frutto. E bambini che invocano libertà e fratellanza. Sono tutti consapevoli del pericolo, ma convinti della loro capacità di superarlo.
Membri della Knesset,
Consentitemi di dirlo da questo podio, non c’è nessuno come loro. Aggiungerò che la forza di Israele deriva dalla sua unità. L’unità di una nazione che combatte e costruisce. Una nazione di buoni cittadini, che si arruolano quando sono giovani e servono da volontari per molto tempo quando non lo sono più.
Israele è una nazione che si trova da sola. Ma abbiamo degli amici. In America, in Europa, in Asia, in Australia e in Africa. E sono loro grato.
È difficile capire come sia possibile che nelle piazze di tutto il mondo, manifestanti si schierino a favore dei terroristi e condannino chi cerca di difendersi. Tengono in alto i loro cartelli senza proporre una soluzione. Incoraggiano e incitano alla violenza.
È difficile anche comprendere come un ente che porta nel nome le parole “diritti umani” decida di stabilire un comitato per investigare chi ha ragione tra chi uccide e chi rifiuta di essere ucciso.
Se il diritto alla vita non è il primo tra i diritti umani, qual è il valore di tutti gli altri? I terroristi provano a limitare la libertà del traffico aereo. Non possiamo arrenderci. I governi devono fermare il terrore, non i voli. Nei paesi governati secondo la legge, il cielo deve essere aperto, e i terroristi rinchiusi.
Membri della Knesset,
Non c’è posto per avere dubbi per la nostra vittoria. Sappiamo che nessuna vittoria militare sarà mai abbastanza. Che non c’è sicurezza permanente senza pace permanente. Così come non c’è vera pace senza reale sicurezza.
Quando si tratta dei nostri principi fondamentali c’è un ordine cronologico. Nella nostra ricerca della pace, non dobbiamo rinunciare alla sicurezza. Nei nostri sforzi per proteggere la sicurezza, non dobbiamo rinunciare alla prospettiva di pace. Un popolo che può vincere le guerre può anche portare la pace ai suoi figli. Anche quando essa sembra sfuggirci, la nostra determinazione è sufficiente per arrivare ad afferrarla. Lo abbiamo dimostrato in passato.
Ricordo quando gli esperti dicevano che l’Egitto non avrebbe mai firmato un trattato di pace con noi. Che la Giordania non avrebbe mai accettato di fare la pace con Israele prima della Siria. Che non sarebbe mai esistito un movimento contro il terrorismo tra i palestinesi. Che i leader arabi non avrebbero mai alzato la voce per la pace e contro il terrore, nelle loro lingue e non solo in inglese, nei paesi arabi e non solo in Europa. Leader arabi che condannassero i rapimenti e fossero aperti agli scambi di territori. Leader arabi a favore di due Stati, uno dei quali lo Stato d’Israele, che patria degli ebrei nella sua natura e nella sua costituzione.
Non c’è mai stato alcun esperto capace di predire che un giorno la Lega araba che scolpì nella sua bandiera i tre “No” di Khartoum, avrebbe pubblicato una proposta di iniziativa che li confutasse tutti, suggerendo invece un proprio cammino per arrivare alla pace, non solo tra israeliani e palestinesi ma con tutti i paesi arabi. Anche se non possiamo accettare la proposta nella sua interezza, non possiamo ignorarne il valore.
Come disse Ben Gurion: “Non ci sono esperti di futuro, solo esperti di passato”. È davvero, il futuro richiede gente che creda, non necessariamente esperti. Il futuro si costruisce. Non si eredita da profeti. Per assicurare il futuro di Israele come Stato ebraico e democratico, Israele ha adottato la soluzione dei due Stati per due popoli. Uno Stato ebraico, Israele, è uno Stato arabo, per i palestinesi. La soluzione è accettata dalla maggior parte del mondo e dalla maggior parte del mondo arabo.
Membri della Knesset,
Sono qui per salutarvi come cittadino, come uomo il cui sogno è ancora vivo. Come un uomo che ha imparato dall’esperienza che la grandezza della realtà israeliana è più grande del sogno che l’ha creata alla sua Alba.
Lascio la mia posizione di presidente, ma non il mio dovere di cittadino. Sono stato un presidente che ama il suo popolo. Oggi sono un cittadino che ama il suo popolo. Non rinuncerò al diritto di servire il mio popolo e il mio paese. E continuerò ad aiutare a costruirlo, con la profonda convinzione che un giorno conoscerà la pace. Che Israele proteggerà la giustizia sociale e alzerà i suoi occhi al sogno realizzato dei suoi profeti. Che continuerà a essere ebraica nelle sue tradizioni e democratica nelle sue azioni. Che salvaguarderà la libertà di parola e di ricerca. Che continuerà a eccellere nel suo livello scientifico su scala globale. Che sarà un paese etico. Un paese che pratica l’uguaglianza per tutti i suoi cittadini, ebrei, musulmani, cristiani, drusi, beduini e circassi. Così abbiamo promesso nella nostra dichiarazione di indipendenza. Così abbiamo scritto nei nostri codici. Così agiamo sotto a guida delle nostre autorità.
La visione sociale del profeta Amos, così come la visione politica del profeta Isaia, sono i nostri fari. Ci hanno comandato di prendere la giustizia sociale e la pace nel mondo come principi guida delle nostre azioni. Israele è nato sulle fondamenta di questi principi. Oggi cresce sulle spalle della scienza. Non c’è contraddizione tra le due cose, né deve esserci.
Durante le mie visite a tutti gli angoli unici e diversi di Israele, sono entrato in ogni luogo con la curiosità di un esploratore è tornato con un cuore pieno di orgoglio. Ho scoperto ovunque e in ogni momento, lavoratori instancabili, talento infinito, bambini e sorprese meravigliose e indescrivibili.
Insieme a Ben Gurion, l’ho vista combattere per la sua vita. Con poche risorse e infiniti pericoli. E oggi, la vedo, in piedi e forte. Sicura. Fiorente. Di successo in ogni campo. Vedo il mio paese promettere un futuro radioso ai nostri figli e alle nostre figlie.
Amici, Reuven Rivlin, nuovo presidente di Israele,
le auguro tutto il successo, che lei possa servire la nazione nel suo modo positivo, come già sta facendo, con il suo grande cuore. Con il suo viso pieno di luce. Lei ha già tutto quello che ci si aspetta da un presidente. Sono sicura sicuro che lei avrà successo nel rafforzare il futuro dello Stato d’Israele.
Membri della Knesset,
la natura della democrazia parlamentare è continuo e appassionato dibattito. Questa è la democrazia. È come dovrebbe essere. Se posso permettermi, particolarmente in questi in cui è importante che rimaniamo uniti, in questi giorni difficili in cui lo sguardo delle nazioni è sui nostri leader, su di voi, per favore, non abbassate la qualità di questo dibattito. È questa l’essenza della democrazia. E lo deve rimanere, ma con il rispetto reciproco e senso del destino comune e con rispetto per l’opinione pubblica israeliana, che non ha eguali, e che merita che i suoi rappresentanti non le siano da meno.
Grazie dal più profondo del mio cuore.
Shimon Peres