Qui Torino – Camminando tra le Stolpersteine
Un frate domenicano che aiutava partigiani ed ebrei. Una famiglia di commercianti di religione ebraica. Un giovane antifascista. Sono stati loro, o meglio, i luoghi dove hanno abitato, i protagonisti della Passeggiata letteraria, intitolata “Una speranza ostinata: le pietre d’inciampo e i luoghi della Memoria”, svoltasi questa mattina a Torino, e organizzata da Portici di carta, un progetto del Salone Internazionale del Libro, promosso da Città di Torino e Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura. Con la guida di Roby Cortese, l’itinerario – dedicato alla memoria dello scrittore e Testimone della Shoah Max Mannheimer, scomparso poche settimane fa – ha portato i partecipanti alla scoperta delle Stolpersteine, le pietre d’inciampo, della città.
Le pietre d’inciampo sono piccoli monumenti, nella forma di ciottoli d’ottone incastonati nel terreno, ideati dall’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare le singole vittime della deportazione nazista e fascista. A Torino sono, per ora, 67, promosse dal Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, dalla Comunità Ebraica di Torino, dal Goethe-Institut Turin e dall’Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED) – sezione di Torino.
Tra queste, vi sono dunque le tre Stolpersteine che Portici di carta ha scelto come tappe del suo itinerario odierno. La prima è stata dedicata al frate predicatore domenicano Giuseppe Girotti, che viveva presso il convento di via San Domenico a Torino e dopo l’8 settembre 1943, all’insaputa dei superiori, fu organizzatore di una rete clandestina che si occupava di nascondere e aiutare partigiani ed ebrei. Fu deportato a Dachau dopo che una spia fascista si presentò come partigiano ferito. La storia della seconda tappa non è invece quella di una persona ma quella di una famiglia, i Colombo, residenti in piazza Castello. Insieme a suo fratello Benvenuto, Enrico Colombo possedeva un negozio di tessuti e abbigliamento, dove lavorava anche il nipote Mario. In seguito all’emanazione delle leggi razziali, un loro dipendente di fiducia cominciò a gestire per loro conto l’attività, e li denunciò alle SS. Vennero tutti e tre arrestati e deportati a Auschwitz nel 1943. La terza e ultima tappa è stata infine in via Carlo Alberto, dove abitava Filippo Acciarini, che arrivò a Torino per il suo lavoro di ferroviere. Accanto al quale però portava avanti sin da giovanissimo una fervente attività antifascista, occupandosi – tra l’altro – dell’edizione torinese dell’”Avanti!” clandestino. Collaborò attivamente alla riuscita degli scioperi del marzo 1944, e anche per questo venne individuato e arrestato, per poi essere deportato a Mauthausen.
(9 ottobre 2016)