Il caso Unesco – II premier bacchetta i diplomatici: la politica deve riprendere il primato

L’incidente è capitato sull’Unesco, e non c’è i dubbio che Renzi sia davvero rammaricato per il voto dell’Italia che offende Israele. Però c’è molto altro, dietro l’aggettivazione sfoderata dal premier: «Una vicenda allucinante». Dove si intuisce che la nostra astensione fuori luogo è, ai suoi occhi, soltanto l’ultimo esempio di una diplomazia italiana che va per conto suo. E procede, per dirla sempre con le parole di Renzi, col pilota automatico. Cioè in base a consuetudini, prassi, convenzioni e precedenti spesso illustrati in un gergo che capiscono solo gli addetti ai lavori. Un mondo esoterico di ambasciatori, alti rappresentanti, consoli e ministri plenipotenziari che, perlomeno all’inizio, trattava Renzi con una certa dose di paternalismo: come un ragazzo promettente che in Europa doveva farsi le ossa, dunque aveva disperato bisogno di lasciarsi consigliare e guidare. Da una Casta all’altra. E un padrinaggio che a Renzi fa venire l’orticaria. Rivendica il primato assoluto della politica, che poi si riassume nella netta distinzione tra chi comanda (il Parlamento, il governo, egli stesso) e chi invece deve eseguire (l’alta burocrazia ministeriale). E non è nemmeno la prima volta che l’uomo manifesta questa sua insofferenza per la casta dei diplomatici di carriera – vogliamo chiamarla antipatia? – che in fondo non è soltanto renziana perché un po’ accomuna tutti i leader dell’Occidente, perlomeno quelli abituati a scegliere e rischiare in proprio, perfino quando le conseguenze ricadono poi su un intero Paese. Renzi, nella narrazione di chi ha visto spalancarsi giorno dopo giorno una faglia tra Palazzo Chigi e la Farnesina, vorrebbe che tutti i dossier di rilievo approdassero sul suo tavolo, senza mai dare nulla per scontato. E un atteggiamento che riflette la smania legittima di contare sulla scena internazionale, un protagonismo particolarmente visibile in Europa dove, per esempio, il premier non ha mai voluto rinnovare in modo tacito le sanzioni contro la Russia. Sempre ha preteso che prima dei comitati tecnici se ne parlasse a livello più alto. Nulla è gratis, tutto va contrattato. E quando a gennaio ha percepito una resistenza, sia pure fondata su presupposti ineccepibili, Renzi non ha esitato a sbarazzarsi di un tecnico stimato come Sannino, esautorato in un amen dalla rappresentanza Ue. La classica goccia Dal 2010 l’Italia si era astenuta all’Unesco 12 volte, una ogni sei mesi; anzi, nel 2014 aveva perfino sostenuto un’analoga risoluzione palestinese. Ora dalle parti di Gentiloni ammettono che qualcosa ha girato storto, c’è stato un eccesso di confidenza, «alla prossima votazione Unesco in primavera sapremo come regolarci». Della disattenzione sono tanti i responsabili. Ma la sensazione è che Matteo non vedesse l’ora di mettere le carte in tavola. La sua inusitata durezza spiana il terreno alla prossima visita di Mattarella in Israele. Dove non mancheranno gesti forti, simbolici, per chiudere la vicenda meglio di come è incominciata.

Ugo Magri, La Stampa, 22 ottobre 2016