Teatro e politica
Per la prima volta Habima, il Teatro nazionale israeliano, si esibirà nei territori “contesi/occupati”. Il 10 novembre sarà a Kiryat Arba e in marzo nell’insediamento di Ariel. Com’era prevedibile, lo “sconfinamento” oltre la Linea Verde della compagnia più importante di Israele suscita polemiche a non finire. Un paio di attori hanno già preannunciato che non parteciperanno agli spettacoli e un gruppo di intellettuali, tra cui il drammaturgo e regista Joshua Sobol, chiedono che il cartellone venga annullato. Da parte sua il Teatro ha respinto “con sdegno” ogni critica, considerandola un “appello al boicottaggio culturale di località dove risiedono cittadini israeliani”.
Intanto, giorni fa, migliaia di donne israeliane e palestinesi, ebree e musulmane, hanno partecipato a una grandiosa marcia per la pace.
Con l’avvicinarsi del 50° anniversario della Guerra dei Sei Giorni, in Israele si moltiplicano le iniziative a favore di una trattativa seria che abbia come obiettivo la soluzione “due Stati per due popoli”. Purtroppo non accade altrettanto in campo palestinese. E comunque, chissà perché, di tutto ciò noi non parliamo (quasi) mai.
Stefano Jesurum, giornalista
(27 ottobre 2016)