Asa Kasher: “La retorica di Trump?
Segno dell’abbrutimento della democrazia”

Asa-Kasher-823X462Asa Kasher, il filosofo a cui Israele ha affidato la redazione del codice etico del suo esercito (Tsahal), è intervenuto negli scorsi giorni molto duramente sulla elezione di Donald Trump. “Il mondo sta riempiendo di congratulazioni Trump per la sua elezione a prossimo presidente degli Stati Uniti. Chiedo a chiunque scriva le congratulazioni israeliane di non farlo nel mio nome”, ha scritto in un post pubblicato sui social network Kasher, decisamente contrario al nuovo inquilino della Casa Bianca. In molti nel mondo ebraico si interrogano su come sarà Trump da presidente e non sono poche le voci che sostengono che la sua elezione sia un’ottima notizia per Israele (in primis, il Primo ministro Benjamin Netanyahu). Tra queste però non figura il filosofo israeliano, che anzi rincara la dose, descrivendo The Donald come “il chiaro frutto di processi di abbrutimento che si snodano attraverso le società civili dei paesi democratici”. Per Kasher, il magnate fa parte di un sistema che accetta “il razzismo, l’odio, l’aggressività, la violenza contro le donne”, a cui si somma “l’estrema scortesia” dell’uomo Trump.
Opinioni personali che però arrivano da una figura molto autorevole in Israele, tanto da aver ricevuto nel 2000 la massima onorificenza conferita dallo Stato ebraico, l’Israel Prize. Kasher peraltro non è una di quelle figure riconducibili alla sinistra più radicale israeliana, con cui anzi entrò in polemica diverse volte: è stato aspramente criticato ad esempio dal noto fondatore del movimento Gush Shalom Uri Avnery per aver difeso la possibilità che l’esercito israeliano colpisca target terroristici anche in presenza di civili. Per Kasher bisogna pesare i pericoli in gioco. Nel caso in cui il rischio terroristico è troppo elevato, è necessario colpire cercando per quanto possibile di limitare danni collaterali ma ricordando che uccidere è sempre l’estrema ratio.
Un concetto che il filosofo aveva ribadito anche a Pagine Ebraiche, quando era stato interpellato sulla vicenda del soldato israeliano che lo scorso marzo ha ucciso a Hebron un terrorista palestinese, rimasto a terra disarmato. Kasher allora aveva condannato il comportamento del soldato – su cui è in corso un processo militare che ha creato non poche spaccature nell’opinione pubblica israeliana -: “Uccidere è l’ultima risorsa nell’ambito dell’autodifesa, e deve essere limitato alle circostanze di estremo bisogno. È eticamente, moralmente e legalmente sbagliato uccidere un essere umano se non è una misura necessaria all’autodifesa”. “A Hebron, – spiegava Kasher – il soldato ha ucciso un terrorista ma ciò che ha fatto non costituiva un passo necessario all’autodifesa. Non è stato in nessun modo un atto di autodifesa”. Ad appurarlo comunque dovranno essere i giudici militari che hanno in carico il caso del soldato.
Kasher ha più volte sottolineato che la politica dovrebbe rimanere fuori dalla complessa questione di Hebron. Cosa che non è successa, visto che molti esponenti politici israeliani hanno preso posizione, in particolare a favore del soldato. “I politici israeliani, e di conseguenza i media e il pubblico, agiscono come se fossimo in periodo elettorale, anche se non lo siamo. La tendenza a trasformare ogni incidente nell’oggetto di uno scontro, a usare un linguaggio duro nel ritrarre gli avversari politici e le loro opinioni, e il ricorso a espressioni maleducate, irresponsabili e persino irrazionali in tutti i social network è malsana. È compito dei leader dello Stato liberarsene”, aveva dichiarato Kasher. Ora questa tendenza il filosofo la vede incarnata oltreconfine nella figura di Trump tanto da arrivare a dire che “è una vergogna per il mondo democratico il fatto che l’uomo che lo dovrebbe guidare è l’incarnazione di un calcio alla morale e all’etica”.

d.r.

(13 novembre 2016)